Sei anni dopo il terremoto nelle Marche: ricostruzione a metà e i borghi si svuotano

Sei anni dopo il terremoto nelle Marche: ricostruzione a metà e i borghi si svuotano
Sei anni dopo il terremoto nelle Marche: ricostruzione a metà e i borghi si svuotano
di Lorenzo Sconocchini
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Mercoledì 24 Agosto 2022, 02:40 - Ultimo aggiornamento: 25 Agosto, 08:30

ANCONA - I primi mezzi per le demolizioni e gli smontaggi controllati, nella parte più alta di Arquata, sono arrivati l’altro ieri, 2.188 giorni dopo lo scossone di magnitudo 6.0 che la notte del 24 agosto 2016, alle 3 e 36, aveva squassato il comune alle falde del Vettore, con 50 morti tra le macerie. Più di duemila giorni.

Non proprio quel che s’aspettava il piccolo popolo dell’Appennino sfollato nelle tendopoli tirate su in meno di 24 ore e poi rimasto nelle casette in attesa che si compia la parabola di una Terra Promessa, la ricostruzione, prima che l’esodo si trasformi in definitivo spopolamento.

Il bilancio parziale

Sei anni di attesa e siamo intorno al 40-50% del lavoro e ancora non è possibile prevedere, come ha riconosciuto anche ieri il commissario straordinario Giovanni Legnini, quanto tempo ancora ci vorrà per completare la ricostruzione di borghi e pievi d’Appennino devastati dalla “Botta grossa”, per stare al titolo del film-documentario di Sandro Baldoni sul terremoto del centro Italia.
Non proprio quello che s’erano impegnati a fare tre giorni dopo il terremoto i vertici dello Stato, sfilando accanto alle bare raccolte nella palestra di Monticelli, per il funerale celebrato ad Ascoli. L’allora premier Matteo Renzi prometteva ai sopravvissuti di Pescara del Tronto, la frazione che franando a valle aveva sepolto se stessa, che sarebbe tornato presto «per decidere insieme dove ricostruire».
Pescara del Tronto - dove la notte scorsa c’è stata una veglia - rinascerà in un altro luogo del territorio arquatano, più al riparo dalla fragilità di questa terra di montagna sopra la Salaria. Al posto delle rovine nascerà un memoriale del 24 agosto, la notte maledetta in cui il mostro delle rocce si divertì a rimescolare dolore e speranza, con il destino diverso delle sorelline Rinaldo: la piccola Giorgia, 4 anni, estratta viva dopo 17 ore sotto le pietre della sua casa delle vacanze, protetta dal corpo della povera Giulia, 9 anni, uccisa dal crollo. Il suo ricordo vive in una Onlus, “Immensamente Giulia”, fondata a Roma dai genitori Michela e Fabio.
Una notte che pareva la fine del mondo («Oscurità, nuvole di polvere tanta gente che si sposta senza meta come impazzita cercando qualcuno.

E grida disperate, impaurite...», ricorderà un volume commemorativo dei vigili del fuoco) ed era anche l’inizio di uno sciame sismico che avrebbe tormentato per mesi, con oltre 93mila scosse, le Marche e il centro Italia, con le spallate del 26 e 30 ottobre 2016 (6.5 di magnitudo) sul versante maceratese dei Sibillini. Alla fine saranno 122 i comuni marchigiani danneggiati dal sisma, 87 quelli inseriti nel cratere dell’emergenza. La ricostruzione, secondo l’ultimo report 2022, è a metà, dopo quattro anni praticamente persi tra normative farraginose e tempi morti, dove capitava, come a Castalsantangelo sul Nera, che dopo tutta una serie di conferenze di servizi un’area Sae venisse bloccata perché mancava il nulla osta per tagliare dei rami. Dal 2021, grazie alla possibilità del commissario straordinario di emanare ordinanze speciali in deroga, si è cambiato passo.

La tempesta perfetta

Nonostante la tempesta perfetta del Covid e la bolla edilizia del Superbonus, che ha gonfiato i costi, la ricostruzione è entrata, parole di Legnini, nella «fase matura» e negli ultimi due anni sono stati aperti 10mila cantieri privati. Ma potrebbe essere tardi, perché il cratere si è spopolato, accelerando un fenomeno che già interessava l’entroterra. «In sei anni siamo passati da 1.050 residenti a 650, il timore dello spopolamento ci toglie il sonno - ha detto il sindaco di Arquata del Tronto Michele Franchi, dando voce alle paure di tanti amministratori -. Ci salverà solo una zona franca seria, alla Livigno, nei comuni più colpiti, una quindicina, per far sì che la vita costi di meno».

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