Da Berloni a Caterpillar, la stagione delle crisi nelle Marche tra pandemia e guerra. L'assessore: «Grande sofferenza complessiva»

Una delle manifestazioni per la vertenza della Caterpillar
Una delle manifestazioni per la vertenza della Caterpillar
di Martina Marinangeli
4 Minuti di Lettura
Domenica 17 Aprile 2022, 02:40

ANCONA - Alcune si sono chiuse nel migliore dei modi. Altre sono formalmente aperte, ma con buone prospettive di concludersi positivamente. Altre ancora sono in corso da così tanti anni da essersi ormai cristallizzate. Il variegato quadro delle vertenze marchigiane evidenzia in primis un punto: la maggior parte delle fibrillazioni aziendali si sono registrate – e si stanno tuttora registrando – nella provincia di Ancona, in particolare tra lo Jesino ed il Fabrianese. Un’area ad alta concentrazione industriale e, per la legge dei grandi numeri, ci può stare questo sbilanciamento rispetto ad altri territori.

Ma restituisce comunque l’immagine plastica della situazione complicata che lì vivono imprese e lavoratori. «La Regione ha sempre seguito da vicino tutte le vertenze che ci sono state sottoposte – spiega l’assessore al Lavoro Stefano Aguzzi – e, a ben guardare, effettivamente si sono concentrate quasi tutte nella zona della provincia di Ancona, ma va tenuta alta l’attenzione sul Fermano e sull’Ascolano, anche per effetto della crisi russo-ucraina. Al momento, crisi aperte di grandi dimensioni qui non ce ne sono, ma c’è una grande sofferenza complessiva, e non ci fa sperare troppo bene».


Le vicende
Partiamo dallo stabilimento jesino di Caterpillar, che dopo mesi di negoziati e proteste, mercoledì ha raggiunto un punto di svolta nella vertenza. L’accordo prevede il passaggio di 103 operai (su 189 totali) a Imr-Industrialesud Spa – azienda italiana interessata a rilevare la sede –, con due anni di cassa integrazione. Per chi invece ha deciso di non aderire all’accordo, ci sarà un accompagnamento di uscita tramite cassa integrazione, Naspi ed incentivo. La Cat, per favorire la riconversione industriale, ha messo 13-14 milioni, 70mila euro a dipendente, ed Imr ha fissato la soglia minima delle 95 adesioni al passaggio nella realtà brianzola per concretizzare l’acquisizione. 


Gli scenari
La vertenza, dunque, formalmente è ancora aperta, ma si intravede la luce in fondo al tunnel. Sempre Jesi ha fatto da scenario, nell’ultimo anno, anche ad altre due crisi, benché con meno lavoratori coinvolti: Liomatic e hotel Federico II.

Nel primo caso, l’azienda si era detta disponibile a riassumere tutto il personale (parliamo di 20 impiegati), ma a fronte di trasferimenti a Macerata, Pesaro ed Arezzo. In sei non hanno accettato e sono stati accompagnati all’uscita con ammortizzatori sociali. Quanto al Federico II, la revoca dello stato di liquidazione degli scorsi giorni ha riacceso speranze per i circa 50 occupati pre-covid, alle prese a fasi alterne con gli ammortizzatori sociali da dicembre 2020. Tornato in gestione ordinaria, il complesso, del quale è anche stata ipotizzata la cessione, si sta riorganizzando ma il futuro è tutto da scrivere. Spostandoci nella vicina Fabriano, troviamo la storia “a lieto fine” di Elica, dove sono state scongiurate la delocalizzazione in Polonia ed il licenziamento di quasi 500 dipendenti. L’accordo prevede la chiusura dello stabilimento di Cerreto e lo spostamento di tutta la produzione in quello Mergo, mentre per 150 lavoratori si è optato per l’esodo incentivato. Ma per una vertenza che si chiude in maniera tutto sommato positiva, ce n’è un’altra che va avanti da oltre 10 anni: è il caso Indelfab (fallita), ex Jp ed ex Ardo, il ramo del bianco della Antonio Merloni.


Cosa successe
In bilico ci sono 489 lavoratori tra Marche e Umbria, in cassa integrazione per cessazione attività fino al 15 maggio. I curatori fallimentari hanno pubblicato un bando per la vendita, con scadenza il 13 maggio, e si spera in una vendita, magari agganciando i fondi del Pnrr per la reindustrializzazione. Sempre in provincia di Ancona – a San Biagio di Osimo – alla Enedo si era aperta una procedura di mobilità per 35 dipendenti sui circa 80 totali. L’accordo siglato ad inizio dicembre prevede il ricorso alla cassa integrazione per un anno, durante il quale non si potrà procedere con licenziamenti coatti. Sono previsti invece incentivi alla mobilità. L’obiettivo dell’azienda sarebbbero 17 fuoriuscite volontarie, più quattro ricollocati in altre aziende che dovranno decidere se accettare o meno. Nel Pesarese, per la storica impresa di cucine Berloni – messa in liquidazione a fine novembre 2019 – la svolta è recente. All’asta indetta dal tribunale di Pesaro per l’assegnazione della società, è risultata aggiudicatario la Treasure Win di proprietà del tycoon taiwanese ed ex socio Alex Huang. Infine, la IGuzzini di Recanati – vertenza gestita “in house” e mai arrivata sui tavoli regionali – che è passata dai 103 licenziamenti inizialmente annunciati a 42.

© RIPRODUZIONE RISERVATA