Che sorpresa: nel guardaroba per lo spazio c’è anche una tuta made in Marche

Che sorpresa: nel guardaroba per lo spazio c’è anche una tuta made in Marche
Che sorpresa: nel guardaroba per lo spazio c’è anche una tuta made in Marche
di Francesco Romi
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Domenica 19 Settembre 2021, 03:35 - Ultimo aggiornamento: 09:20

ANCONA -  Si chiama Smart Flight Suite 1 ed è la tuta che sarà indossata dal colonello dell’aeronautica militare Walter Villadei in occasione della missione suborbitale scientifica, denominata Virtute 1, che l’Arma Azzurra condurrà assieme al Cnr a bordo dello spazioplano Space Ship-2 della Virgin Galactic presso lo Spaceport America in New Mexico e il cui lancio, fissato a fine settembre, potrebbe essere posticipato.

La tuta è stata pensata e progettata a Fano dalla start-up Spacewear, fondata da designer provenienti dal settore tessile-abbigliamento e da ingegneri, con l’obiettivo di dare un impulso innovativo al settore del Made in Italy, mettendo a frutto proprio le esperienze maturate nello spazio e rendendone disponibili i risultati. 


È realizzata con 150 pezzi saldati (e non semplicemente assemblati tra loro), in modo da resistere più facilmente alle sollecitazioni di velocità e a eventuali condizioni di criticità: una vera rivoluzione rispetto a come solitamente viene realizzato un qualsiasi capo di abbigliamento; il tessuto è leggero, ignifugo e antimagnetico, in mischia con materie prime naturali. È wearable, perché ospita un sofisticato device in grado di rilevare tutti i dati biometrici di chi la indossa in una modalità wearable, elaborata dall’ingegnere fanese Mirko Marcolini. È confortevole ed ergonomica, grazie al design moderno e funzionale firmato da Marcello Azzoni, parmense e a Fano da oltre trent’anni, che negli anni ha lavorato per Maserati, Zegna, Marzotto, sempre in un’ottica di innovazione: nuovi materiali, nuovi trattamenti, nuove lavorazioni, nuovi brevetti. In quell’ora di volo suborbitale, a 150 chilometri di altezza, anche la tuta sarà oggetto di esperimenti.

Lo sanno bene anche Cnr e Politecnica delle Marche, che hanno partecipato al progetto; in particolare, la start up ha siglato un accordo quadro con l’ateneo dorico, che continuerà a collaborare nei futuri sviluppi e nei cui laboratori sono stati realizzati tutti i test per la tenuta di tasche e assemblaggi sotto accelerazione. 


Vestire un ufficiale dell’Aeronautica Militare del nostro Paese per il primo volo suborbitale a bordo di una navicella dell’americana Virgin Galactic non è stata una semplice congiuntura favorevole: sia Azzoni che Marcolini, in poco meno di un anno, hanno partecipato a decine di appuntamenti dedicati alla space economy. «Rappresenta la nostra fonte di ispirazione – spiega Azzoni -, il miglior ambito per fare ricerca vera nella smartizzazione dei capi di abbigliamento: va velocemente recuperato l’enorme gap che si è creato tra lo stile di vita delle persone e le produzioni dell’abbigliamento, che ormai non sono più adeguate alle nuove esigenze». Insomma, Spacewear nasce per fare ricerca e sviluppo aerospaziale anche con l’obiettivo di realizzare brevetti in grado di dare una scossa al settore Ta, dando origine a nuove linee di prodotti e di sistemi produttivi, adeguati al mercato di un futuro molto vicino. 


«Come per tutte le strade pioneristiche, il maggior investimento è stato il tempo, tolto al sonno, per lavorare su progetti in cui nessuno credeva mentre a noi sembrava evidente che sarebbe stato il futuro». Le parole di Azzoni aprono almeno un paio di temi chiave per chi vuole fare innovazione spinta in Italia e, tanto più, nei piccoli centri di provincia, dove il modello Silicon Valley è solo un sogno. «Servono risorse e nuovi finanziatori, magari italiani, che sappiano sostenere con pazienza questo progetto, che ha straordinarie potenzialità di crescita e che sarà vitale per dare nuova linfa creativa, tecnologica e produttiva al settore dell’abbigliamento».


Il ragionamento del designer fanese si riflette poi sulla necessità di avere a disposizione competenze trasversali, perché «il settore del fashion ha bisogno di contaminazioni per generare valore, aggiornarsi e percorrere nuove strade di successo». Non solo designer, dunque, ma come l’esperienza di Spacewear indica servono anche ingegneri, biologi, chimici, esperi di fibre e tessuti, specialisti gestionali e informatici.

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