Il climatologo Fazzini: «Tre anni con piogge sotto la media: nelle Marche un clima da steppa»

Il climatologo Fazzini: «Tre anni con piogge sotto la media: nelle Marche un clima da steppa»
Il climatologo Fazzini: «Tre anni con piogge sotto la media: nelle Marche un clima da steppa»
di Martina Marinangeli
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Domenica 4 Luglio 2021, 03:35 - Ultimo aggiornamento: 17:06

Massimiliano Fazzini, climatologo di Camerino, docente all’Università di Chieti, nelle Marche sono nella morsa della siccità ormai da mesi: cosa sta succedendo?
«Negli ultimi tre anni, ci sono stati sei mesi con precipitazioni di poco superiori alla media, mentre negli altri 30 si sono mantenute sotto la media. La regione Marche è, i generale, poco piovosa: se a ciò aggiungiamo questo dato sull’ultimo triennio, durante il quale è piovuto molto meno della media, abbiamo un quadro più tipico della steppa che del clima mediterraneo. Nel 2020, in certe zone del litorale dell’Ascolano e del Fermano non si sono toccati i 400 millimetri. Questo deve far riflettere».

 
A cosa può essere dovuta questa scarsità di precipitazioni? 
«Sicuramente la condizione di continua predominanza degli anticicloni. Per fortuna, sono stati prevalentemente di matrice atlantica – dominante nel 2020 e nei mesi di aprile e maggio 2021, per questo così siccitosi – che non comporta temperature particolarmente elevate. Ora, da circa 10 giorni, siamo sotto l’influenza dell’anticiclone africano, che invece è decisamente più caldo e mantiene queste condizioni di siccità».
Qual è la causa della persistenza di questi anticicloni? 
«Le ragioni sono diverse: una periodicità molto più breve della media del Niño e della sua variante fredda Niña; un certo comportamento delle correnti stratosferiche, che si hanno tra i 10 ed i 30 km di quota, ed apportano sempre correnti sud occidentali. Cosa che nelle Marche si traduce in scarsa piovosità. Negli ultimi due inverni, inoltre, ci sono state pochissime avvezioni di aria continentale da est, che porta neve o comunque precipitazioni abbondanti. Queste condizioni hanno fatto sì che il piatto pianga».
Quali sono le conseguenze peggiori che comporta questa situazione?
«È un problema perché siamo in una condizione di siccità idrica dei suoli, non solo intesi come falde superficiali. Il guaio più grande è che negli ultimi due inverni c’è stata anche una scarsa nevosità e le falde sull’Appennino si sono ricaricate molto poco. Questo fa sì che ora siamo in forte deficit idrico. Un quadro estremamente preoccupante, tenendo conto anche che abbiamo davanti i due mesi più caldi dell’anno».
L’aumento delle temperature che si sta registrando anche in altri Paesi, come ad esempio il caldo record in Canada, può essere legato alla questione del surriscaldamento globale e del climate change? 
«No, e ce lo dice la statistica.

Quando abbiamo a che fare con casi estremi come quello del Canada, che è una tantum di temperatura record, li scartiamo perché costituiscono un’eccezione, non fanno statistica».

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