Scipione alle porte, afa e temperature record con l’anticiclone dal nord Africa. Rischio crisi idrica

Scipione, si cerca refrigerio nelle fontane
Scipione, si cerca refrigerio nelle fontane
di Martina Marinangeli
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Mercoledì 1 Giugno 2022, 02:00 - Ultimo aggiornamento: 15:21

ANCONA - Arriva l’anticiclone africano Scipione e porta con sé il caldo torrido, con picchi di temperature che potrebbero raggiungere i 36-37° nel centro Italia. Come fece il condottiero romano da cui prende il nome durante le guerre puniche, batterà Hannibal, l’anticiclone che l’ha preceduto e che, nelle scorse settimane, aveva già fatto registrare un’impennata nelle colonnine di mercurio.

«L’espansione dell’alta pressione dal nord Africa garantirà tempo stabile e soleggiato» per l’intera settimana, riportano i bollettini meteo della Protezione civile regionale, cosa che garantisce il bel tempo per il ponte del 2 giugno.

Tuttavia, l’innalzamento delle temperature, associato ad una ormai cronica carenza di precipitazioni, contribuiscono ad aggravare un contesto di siccità che, nelle Marche, sta assumendo i contorni dell’emergenza. I due giorni di forti piogge che hanno appena interessato anche la nostra regione, non sono neanche vagamente sufficienti a far rifiatare i bacini idrografici del territorio, già in affanno ad estate non ancora iniziata. Ed a risentirne è anche l’agricoltura. 


Le cifre
Secondo un’elaborazione di Coldiretti su dati Assam, dall’inizio dell’anno le precipitazioni hanno registrato un brusco calo del 53% rispetto alla media storica degli ultimi 10 anni. Si va da un -46% nella zona collinare della provincia ascolana al -35% dell’Appennino, dove le piogge sono cadute nella prima settimana di maggio senza tuttavia impedire un bilancio negativo: -35% dall’inizio dell’anno. «I cambiamenti climatici ci hanno condotto a periodi siccitosi spezzati da sporadici eventi violenti. Un doppio danno per le colture, in sofferenza per l’assenza di precipitazioni e poi bombardate dalla grandine», osserva Alberto Frau, direttore di Coldiretti Marche. A risentire maggiormente degli effetti della siccità sono in particolare i vigneti, i frutteti ed i cereali, per i quali è ancora difficile stimare i danni. «Quando la pioggia arriva, in forma liquida o - nella peggiore delle ipotesi solida - non è sufficiente a ricostituire le riserve idriche. Per questo da tempo chiediamo sistemi di invasi per recuperare le acque e cerchiamo di sensibilizzare le aziende agricole alla stipula di assicurazioni, uno strumento oggi indispensabile per gli imprenditori agricoli». Una questione, quella della penuria delle risorse idriche, su cui pone l’accento anche il presidente del consorzio di bonifica Claudio Netti, secondo cui «tutta la regione è a rischio crisi idropotabile ed in alcune zone si potrebbe anche profilare a breve la necessità di razionare l’acqua se si continua così». 


I bacini
Netti procede poi con una mappatura di quella che è la situazione del territorio, partendo dalla provincia di Pesaro, «che è sempre a rischio di stop nella fornitura di acqua potabile». Un deficit strutturale «che potrebbe essere tenuto sotto controllo se riuscissimo a a realizzare la condotta di collegamento tra il bacino di Mercatale e San Leo, progetto che presenteremo il 15 giugno e che ci auguriamo venga finanziato».


Il nodo di Cingoli
Ma quello più in affanno è il bacino che fa riferimento alla diga di Cingoli e che serve le province di Macerata e di Ancona: «Cingoli già piange - puntualizza il presidente del consorzio - perché ha un deficit di ricarica di 15 milioni di metri cubi d’acqua ed ogni anno il livello scende. Il problema è che non è connesso con altri bacini per accumulare l’acqua e poi distribuirla». Anche la diga di San Ruffino, nel Fermano, e quella di Gerosa, nell’Ascolano, hanno perso gran parte della capacità di ricarica e sono in affanno soprattutto nel segmento dell’idropotabile. Ma se il caldo torrido proseguirà, i contraccolpi della siccità si faranno sentire anche nell’irriguo per l’agricoltura. «Com’è possibile, nel 2022, non individuare questa come una delle questioni più rilevanti? - si chiede Netti -. L’idropotabile è nelle mani dei gestori idrici, che sono 12 nelle Marche, a fronte dei tre presenti in tutta la Francia, per fare un semplice parallelismo. Una disseminazione dissennata che porta a strutture artigianali incapaci di portare avanti progettazione ed esecuzione. La Regione dovrebbe eliminare questo “pollaio” ed assumere la regia di questa operazione».

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