ANCONA - Un piano regionale per il governo delle liste di attesa. Sembra un déjà-vu. Era infatti il leitmotiv della giunta Ceriscioli, quando a tenere le redini della sanità era lo stesso governatore targato Pd. E ci sta tutto che sia un tema ricorrente, dato che il problema esiste - nelle Marche come nel resto d’Italia - e resta. Ma anche le modalità di intervento non sembrano poi così diverse.
A spiegare l’approccio che Palazzo Raffaello intende avere nel difficile compito di accorciare i tempi troppo spesso biblici per accedere alle prestazioni sanitarie è l’assessore Filippo Saltamartini.
La riforma
Con la riforma del settore operata dalla giunta Acquaroli e la nascita delle cinque Aziende sanitarie territoriali, «questo non può più essere possibile», dettaglia l’assessore: «Stiamo strutturando il volume delle domande provinciali per garantire le prestazioni a livello provinciale. A rispondere sarà sempre lo stesso Cup». Una mossa simile a quella messa in campo da Ceriscioli, che commenta sarcastico: «Fanno bene, finché seguono le linee che avevamo tracciato noi non sbagliano. È quando escono dal seminato che fanno i disastri, come con l’azzeramento di Marche Nord». La sua giunta aveva infatti perimetrato la presa in carico delle prestazioni a livello provinciale: il piano approntato prevedeva che gli esami e le visite fossero fatte all’interno della stessa Area vasta di residenza del paziente, o al massimo in quella limitrofa.
La presa in carico
Inoltre, Saltamartini ha fatto sapere che «la persona che si rivolge al Cup verrà presa in carico dal sistema e verrà richiamata. Ora ci sono operatori che ogni tanto rispondono di richiamare il giorno seguente o quello successivo. Mentre è compito delle strutture quello di ricontattare». Ma con le liste di garanzia - introdotte nella precedente legislatura - dovrebbe essere già così. «E infatti con noi lo era», sale in cattedra l’ex governatore. Infine, precisa l’assessore, «se la prestazione richiesta non compare nel livello di produzione pubblica e non è a disposizione nella stessa provincia da cui parte la richiesta, i direttori generali dovranno comprare quella prestazione sul mercato della sanità convenzionata». Come già previsto dal Piano nazionale di governo delle liste di attesa 2019/2021 «e come noi avevamo tradotto con il meccanismo del bonus», ricorda Ceriscioli. Un déjà-vu, insomma. Basta che funzioni.