ANCONA - Ha già trovato casa vicino al teatro delle Muse, vista porto, e mercoledì varcherà la soglia della Regione da numero uno della sanità marchigiana. Armando Gozzini è infatti il super manager arrivato da Milano ad Ancona per guidare il dipartimento Salute e (ad interim) l’Agenzia regionale sanitaria. Due esperienze da direttore generale nella sanità dell’hinterland milanese - equivalente di un nostro capoluogo di provincia – e dal 2016 la direzione socio sanitaria a Pavia. Tra il 2003 e il 2008 è stato coordinatore dei medici del Milan che ha vinto due Champions e quant’altro. Gozzini è figlio di un vigile urbano e di una casalinga, milanesissimi di Porta Romana e Porta Vittoria.
Dottor Gozzini cominciamo da giovedì scorso, quando per la prima volta è entrato a palazzo Raffaello.
«Una visita doverosa prima di prendere servizio a dicembre.
La aspettano a braccia aperte. Ne avrà di lavoro e bisognerà anche sbrigarsi.
«Sì ho percepito l’esigenza. Ci sono già situazioni che non possono aspettare oltre come il nodo delle liste d’attesa, il Piano socio sanitario e la riforma della sanità con la ristrutturazione dell’Asur. C’è l’emergenza Covid che è sotto gli occhi di tutti e poi tutta la sfida del Pnrr, un’occasione da non perdere in questo settore fondamentale per i cittadini».
Da Milano alle Marche, quasi una scelta di vita. Perché ha accettato questo incarico nelle Marche?
«Per me è il completamento di una carriera da manager nella sanità. Ho alle spalle otto anni come direttore generale delle Aziende ospedaliere di Gallarate e Busto Arsizio, Dal 2000 al 2007 sono stato dirigente medico dell’ospedale Macedonio Melloni di Milano all’interno del Fatebenefratelli e direttore sociosanitario a Pavia per altri sei anni. Mi mancava osservare le meccaniche e le logiche della sanità regionale dal punto di vista organizzativo, gestionale e strategico. Questo incarico è l’ideale completamento della mia carriera».
Nel suo lungo curriculum da manager sanitario, arricchito anche da una serie di esperienze in vari Cda e come assessore comunale, si inserisce anche una lunga parentesi da responsabile sanitario del Milan. Batte un cuore da tifoso rossonero?
«Da tifoso, ma non solo. Questo è stato il mio primo grande desiderio da bambino. Sono un calciatore mancato e non essendo riuscito a realizzare il sogno di entrare in campo da giocatore mi sono detto: diventerò medico della squadra. E ci sono riuscito».
Calciatore mancato?
«Diversi infortuni, ho capito che dovevo cambiare strada».
Da capo dello staff rossonero ha mantenuto l’incarico fino al 2007, poi cosa è successo?
«Per me è stata un’esperienza importantissima e formativa, ma strada facendo gli obiettivi cambiano, anche se dal punto di vista gestionale non è molto diverso dall’incarico di direttore di un’Azienda ospedaliera con un bilancio da 300 milioni: i conti erano gli stessi».
Ha ricevuto due avvisi di garanzia nel suo passato: come sono terminati i procedimenti?
«Archiviati in entrambi i casi e dopo pochi mesi»..
Ha avuto incarichi dal sindaco di Forza Italia, Albertini, poi è stato direttore generale nella Regione di Formigoni e nel 2016, con l’arrivo di Maroni, si è salvato ma finendo a Pavia. Per chi batte il suo cuore politico considerato anche il suo quinquennio nella squadra di Berlusconi ?
«Intanto, mai avuto tessere. Ho lavorato bene con tutte le amministrazioni di centrodestra. A Legnano dipendevo da una giunta monocolore leghista. Berlusconi? Certo, lo conosco ma non ci sentiamo tutti i giorni».
Ormai è un ex direttore socio-sanitario cioè un manager chiamato a integrare la sanità degli ospedali con quella del territorio: le Marche devono ricostruire proprio la rete del territorio: ci si aspetta molto da lei e ha anche due incarichi.
«Sono pronto, non mi sono mai tirato indietro. Con le responsabilità ho iniziato a 27 anni».