L’assessore Saltamartini a tutto campo: «Io scomodo? Sì, ma non mi fermo. Pretendo una sanità che funzioni»

L assessore Saltamartini a tutto campo: «Io scomodo? Sì, ma non mi fermo Pretendo una sanità che funzioni»
L’assessore Saltamartini a tutto campo: ​«Io scomodo? Sì, ma non mi fermo Pretendo una sanità che funzioni»
di Maria Teresa Bianciardi
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Domenica 26 Marzo 2023, 07:00 - Ultimo aggiornamento: 11:00

Filippo Saltamartini, lei è assessore regionale alla Sanità, la delega più ostica e difficile della giunta Acquaroli. Ne era consapevole quando ha accettato?
«Certamente. Si trattava di rimettere in sesto la sanità marchigiana, costruirla a misura di paziente e sulla base delle esigenze dei cittadini».

 
Così a novembre la giunta regionale ha messo in archivio l’Asur e ha creato cinque Ast (Aziende sanitarie territoriali) per gestire a livello provinciale tutti i nodi della sanità marchigiana. 
«Le Marche erano la sola regione con un’unica azienda sanitaria, abbiamo voluto riportare i servizi al territorio e in questa direzione vanno anche gli ospedali territoriali che sostituiscono quelli unici».


Le liste d’attesa sono da sempre il tallone d’Achille di questa regione e dopo il Covid la situazione è diventata esplosiva. Anche qui ha dato un colpo di spugna al passato.
«Ogni lunedì in Regione incontro i direttori di ogni azienda e valutiamo le richieste di prestazioni di ogni territorio con dati settimanali e giornalieri.

Una svolta epocale. Fino ad oggi il monitoraggio si faceva con dati trimestrali ed era difficile valutare il fabbisogno. Ci ho messo 9 mesi per avere questi numeri, ma alla fine ci sono riuscito».


Cosa significa in termini di servizi al cittadino?
«Significa che abbiamo la richiesta di prestazioni sotto controllo e dove la sanità pubblica non arriva facciamo in modo che intervenga il privato, facendo una gara fra le strutture del territorio. In questo modo garantiamo a tutti risposte celeri e adeguate».

L’ex governatore Ceriscioli tempo fa ha commentato: “Niente di nuovo, già lo facevamo noi”. È così? 
«No. Loro avevano studiato liste di pre appuntamento nel caso in cui non si trovasse posto. Io voglio sapere invece quale è la domanda che dobbiamo garantire ogni giorno, quale è la produzione e ciò che non riusciamo a produrre viene acquistato sul mercato, ma sulla base di quello che serve alla sanità pubblica. Senza fondi a pioggia dati ai privati. Il modello di cui parla Ceriscioli non ha raggiunto l’obiettivo: io ho strutturato il settore come una vera azienda e i risultati arriveranno».


Quindi si arriverà ad avere più o meno sanità privata nelle Marche?
«Avremo quella che serve per arrivare dove la sanità pubblica non riesce. Quanto basta, direi».


Con i medici di medicina generale non sono state tutte rose e fiori.
«Ho chiesto incontri periodici per capire quali sono le richieste dei loro pazienti e cercare di tarare l’offerta dei servizi sulla base delle richieste. Dall’altra parte invece abbiamo aperto un tavolo con i sindacati per una partita importante riservata agli studi medici associati. Abbiamo messo a disposizione 9 milioni in 3 anni per trasformarli in piccoli pronto soccorso, con strumentazioni per effettuare ecografie e analisi: li doteremo anche di infermieri e di tecnici informatici e amministrativi». 


L’obiettivo?
«Alleggerire i pronto soccorso degli ospedali».


Il suo assessorato non è dei più facili da gestire ma in questi anni ha subito anche lei attacchi politici, diretti o più o meno velati. È una persona scomoda in una poltrona infuocata?
«Ne sono consapevole, ma non mi fermo per questo. Il mio obiettivo è quello di realizzare la migliora sanità possibile per i marchigiani: ho reso subito pubblico il numero del mio cellulare, vado negli ospedali, verifico i servizi. Esercito la funzione di indirizzo e controllo che mi è stata affidata. Tutto qu

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