Rimborsi per i dispositivi medici: «Quasi 100 aziende a rischio crac»

Il 30 aprile la scadenza per i pagamenti. Polacco (Confcommercio): «Chiesta una proroga a fine giugno»

Rimborsi per i dispositivi medici: «Quasi 100 aziende a rischio crac»
Rimborsi per i dispositivi medici: «Quasi 100 aziende a rischio crac»
di Martina Marinangeli
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Lunedì 24 Aprile 2023, 05:45 - Ultimo aggiornamento: 17:26

ANCONA -  A Roma si valuta una proroga, ma per il momento, la scure è destinata a calare il 30 aprile. Una scure che prende il nome di payback e impone alle aziende fornitrici di dispositivi medici di pagare un conto salatissimo per contribuire al ripiano degli sforamenti della pubblica sanità. Nelle Marche parliamo di una cifra monster di 136,5 milioni di euro per rientrare dei 292.197.000 euro in più spesi dalle quattro aziende ospedaliere marchigiane (Torrette, Asur, Inrca e Marche Nord) tra il 2015 ed il 2018. Alle imprese sono state chieste somme fino a quasi 10 milioni di euro, una mannaia che rischia di far saltare non pochi bilanci. 

 


Il braccio di ferro


Per questo, delle 1521 aziende farmaceutiche sollecitate dalla Regione per contribuire al ripiano economico - come richiesto dal decreto legge 115/2022 (Aiuti-bis)- e da quello del Ministero della Salute dello scorso 15 settembre con cui viene certificato il superamento dei tetti di spesa per il quadriennio in questione - già quasi 300 hanno fatto ricorso al Tar del Lazio per bloccare il procedimento. E Palazzo Raffaello si è costituito in giudizio affidando l’incarico agliavvocati Laura Simoncinie Antonella Rota. Un braccio di ferro che si sta giocando a livello nazionale: le Marche non sono infatti l’unica regione ad essere stata travolta dalla pioggia di ricorsi, che arrivando da nord a sud dello Stivale, si stanno affastellando sui tavoli del Tar del Lazio. Sul payback, il Governo Meloni ha varato una norma con la quale si farà carico di 1 miliardo dei 2,2 dovuti dalle aziende, ma non basta.

«Tutte le imprese marchigiane hanno già pensato di fare ricorso sia al Consiglio di Stato che al Tar del Lazio, ma i tempi giudiziari sono molto lunghi e la scadenza del 30 aprile ci mette in difficoltà - osserva il direttore di Confcommercio Marche Massimiliano Polacco -.

Abbiamo chiesto formalmente alla Regione lo spostamento di questa data, visto che la Puglia l’ha già fatto. E sembra che Governo e Regione siano propensi a far slittare tutto al 30 giugno».


Il posticipo


Un posticipo che darebbe almeno un po’ di ossigeno, ma serve una soluzione strutturale per evitare che il payback travolga le piccole imprese del settore, costringendole a chiudere. «Abbiamo incontrato nei giorni scorsi il sottosegretario al Ministero della Salute Marcello Gemmato e ci ha assicurato che avrebbe portato le nostre istanze al ministro Schillaci - fa sapere Polacco -. La situazione è incandescente: le imprese hanno garantito prodotti salvavita in base a bandi di gara e ora devono pagare per chi ha sbagliato i budget? Questa norma è illogica». 


L’iter giudiziario


Dal punto di vista giudiziario «sicuramente vinceremo, ma per quando arriveremo di fronte al giudice e alla Corte Costituzionale, tutte le imprese marchigiane medio piccole coinvolte - e parliamo di un centinaio di aziende - saranno già chiuse. Non ne sopravviverà nessuna impresa». Poi l’amara considerazione: «Sopravviveranno solo le multinazionali: sembra un favore fatto a loro e viene da chiedersi il perché. Peraltro, nel decreto Schillaci si chiedeva la rinuncia alle istanze giudiziarie, cosa che ci ha offeso: dobbiamo rinunciare alle nostre ragioni per avere dei soldi? Ma il sottosegretario, su questo, ci ha dato ragione e quindi ci auguriamo che intervengano». Intanto, le aziende fornitrici restano con il fiato sospeso, finite nella tagliola retroattiva del payback che ha colto tutti di sorpresa. E la deadline del 30 aprile inizia a farsi pericolosamente vicina.

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