Tutto confermato: i sindaci delle Marche si tengono la vecchia poltrona

Valeria Mancinelli
Valeria Mancinelli
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Mercoledì 27 Luglio 2022, 03:20

ANCONA  - Il perimetro è stato tracciato. Ieri la direzione nazionale del Partito democratico ha approvato il regolamento per la selezione delle candidature al Parlamento nella tornata elettorale del 25 settembre. E proprio mentre al Nazareno si mettevano a punto gli schemi per una partita complicatissima da giocare, uno dei nomi più forti dello schieramento ha ufficializzato la sua decisione di non scendere in campo. Come anticipato dal Corriere Adriatico, la sindaca di Ancona Valeria Mancinelli non si candiderà e la conferma arriva dalla diretta interessata, che spiega le proprie ragioni dal profilo Facebook.

Per la volata verso Roma, avrebbe dovuto dimettersi da sindaco entro domani - come previsto dalla normativa che definisce ineleggibili i primi cittadini di città con più di 20mila abitanti - e «questo comporterebbe lo scioglimento anticipato della giunta e del consiglio comunale, e la nomina di un commissario per la gestione ordinaria fino alle elezioni amministrative dell’anno prossimo».

Un commissariamento che sarebbe mal digerito dalla città, col rischio di perderla nel 2023. Stesso problema che si pone al collega di Pesaro Matteo Ricci che, sebbene non lo abbia ancora dichiarato ufficialmente, si appresta alla rinuncia. Difficile giustificare il commissariamento con la prospettiva della città Capitale italiana della cultura nel 2024. Diverso, invece, il discorso per i consiglieri regionali che volessero tentare la via della Capitale


I consiglieri regionali
Dal Testo unico che detta le norme per le elezioni alla Camera ed al Senato, infatti, è stato stralciato il comma dell’articolo 7 che li rendeva non eleggibili. Questo per effetto di una sentenza del 1993 della Corte Costituzionale in virtù della quale quella voce dell’articolato è stata considerata «illegittima». Tuttavia, un paletto in questo senso lo mette il regolamento del Pd nazionale, che definisce «non candidabili» i componenti «degli organismi esecutivi ed assembleari delle Regioni, fatta eccezione per le Regioni che si trovino nell’ultimo anno di legislatura ed i casi nei quali la direzione nazionale conceda, su richiesta del segretario nazionale, una deroga espressa». Sarà dunque Enrico Letta a vagliare caso per caso l’eventuale deroga per i singoli candidati, ma nelle Marche sono pronti a giurare che questo non costituirà un problema e che la deroga è praticamente certa per gli inquilini di Palazzo Leopardi che vorranno correre. 


La rosa dei nomi
Anche perché, fatti fuori i nomi forti dei due sindaci dem, non far candidare i consiglieri che nel 2020 hanno dimostrato di riuscire a prendere voti nonostante il forte vento di destra che aveva soffiato sulle Marche, sarebbe un suicidio politico. Tolto dall’equazione Ricci, a Pesaro ci sarebbe “mr preferenze” Andrea Biancani, che alle Regionali risultò il più votato in assoluto, sfondando - unico - la soglia dei 10mila voti. Rumors parlano di una sua ambizione alla sindacatura della città nel dopo Ricci, ma in quella casella sembra più ben piazzato l’attuale vice Daniele Vimini.

Se così fosse, il Parlamento sarebbe un ottimo “piano b” per Biancani, già al secondo mandato da consigliere regionale e dunque con necessità di una prospettiva. Ad Ancona, il nome in campo è quello di Antonio Mastrovincenzo, benché anche il capogruppo regionale Maurizio Mangialardi aspiri ad uno scranno romano. Il consigliere Romano Carancini sarà uno dei nomi del Maceratese, mentre Anna Casini - che nel 2020 arrivò terza a livello regionale quanto a voti presi - vorrebbe qualche garanzia dal momento che il suo collegio (quello di Ascoli/Fermo), è una roccaforte del centrodestra. Avrebbero invece deciso di restare fuori dall’agone delle Politiche i consiglieri Manuela Bora, Fabrizio Cesetti e Micaela Vitri.

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