Referendum, cinque quesiti sulla giustizia e l'enorme incognita della partecipazione

Referendum, cinque quesiti sulla giustizia e l'enorme incongita della partecipazione
Referendum, cinque quesiti sulla giustizia e l'enorme incongita della partecipazione
di Lorenzo Sconocchini
4 Minuti di Lettura
Sabato 11 Giugno 2022, 03:50

ANCONA - Cinque quesiti in materia di giustizia e un enorme punto interrogativo, che incombe sui referendum abrogativi sottoposti domani al vaglio dell’elettorato. Pesa infatti l’incognita del quorum, perché per essere valida la consultazione dovrà recarsi alle urne la metà più uno degli aventi diritto (nelle Marche in tutto 1.166.330). Risultato tutt’altro che scontato, al termine di una campagna referendaria che ha diviso i partiti, anche per l’accavallarsi della consultazione popolare con la riforma Cartabia, con alcuni dei quesiti oggetto di un disegno di legge già approvato alla Camera e ora al vaglio del Senato.

Come se non bastasse, i promotori lamentano un presunto spazio ridotto dato all’informazione sui quesiti e c’era stata battaglia anche sulla mascherina obbligatoria ai seggi sia per gli elettori sia per gli scrutatori, ritenuta dai sostenitori del referendum un ostacolo alla partecipazione, prima che il ministero dell’interno specificasse che la mascherina è solo fortemente raccomandata, ma si potrà anche entrare ai seggi senza. Gli elettori che sceglieranno di votare per i referendum, domani saranno chiamati a esprimersi su 5 quesiti - tutti in materia di giustizia - presentati dalla Lega e dai Radicali e dichiarati ammissibili dalla Corte costituzionale. Ce ne era anche un sesto, sulla responsabilità civile dei magistrati, bocciato però dai giudici della Consulta.
La decadenza dalle cariche
Il primo quesito (scheda rossa) riguarda l’abrogazione del decreto legislativo numero 235 del 2012, la cosiddetta Legge Severino, che prevede l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza dalle cariche elettive per rappresentanti di governo, consiglieri regionali, amministratori locali e sindaci in caso di condanna. Con un distinguo, però: per gli amministratori locali al momento è sufficiente la condanna in primo grado per alcuni reati gravi, mentre per gli incarichi nazionali le interdizioni valgono solo dopo la condanna definitiva. Con l’affermazione del sì, ci sarebbe l’abrogazione della norma e quindi dell’automatismo: sarebbero i giudici a decidere, caso per caso, se applicare l’interdizione dai pubblici uffici. 
Il secondo quesito (scheda arancione) propone di ridurre le possibilità di ricorso alle misure cautelari: si chiede di ritoccare l’articolo 274 del Codice di procedura penale, eliminando il pericolo di reiterazione dello stesso reato tra i motivi per cui è possibile per i giudici, anche per reati non gravi, disporre la custodia cautelare in carcere o ai domiciliari durante le indagini preliminari. Se vincesse il sì la possibilità di applicare misure cautelari agli indagati rimarrebbe per i casi di pericolo di fuga e inquinamento delle prove mentre per il rischio di reiterazione dello stesso reato varrebbe solo per i reati di particolare gravità.
Niente turnover
Il terzo quesito referendario (scheda gialla) si propone di eliminare la possibilità per i magistrati di passare, nel corso della carriera, dalle funzioni di pubblico ministero, rappresentante della pubblica accusa) a quelle di giudice e viceversa.

Con le norme attuali il passaggio di funzioni è consentito fino a quattro volte, mentre la riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm prevede una sola possibilità. Con la vittoria del sì, ci sarebbe una separazione delle carriere, tra requirente e giudicante, e porterebbe i magistrati a dover scegliere dall’inizio una delle due senza potere più cambiare. Il quarto referendum (scheda grigia) mira a ottenere la possibilità che anche i membri laici, avvocati e professori universitari, possono esprimere il proprio voto nei consigli giudiziari e nel Consiglio direttivo della Cassazione sulle valutazioni dei magistrati. Attualmente sulla professionalità dei magistrati si esprime il Csm, in base ai giudizi espressi dai Consigli giudiziari, nei quali però possono votare solo i magistrati. Questione presa in esame anche dalla riforma Cartabia, che però prevede il voto degli avvocati in caso di segnalazione su fatti specifici da parte del Consiglio dell’ordine forense. Il quinto quesito (scheda verde) propone di abrogare alcune norme in materia di elezione dei togati al Consiglio superiore della magistratura. Si chiede di eliminare l’obbligo di raccogliere dalle 25 alle 50 firme per potere presentare la propria candidatura: un modo per evitare, nelle intenzioni dei proponenti, che le candidature siano influenzate dalle correnti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA