«Mi revocate il reddito di cittadinanza? Allora mi sposo». Le domande all'Inps travisano il senso del sostegno

L'Inps ha organizzato una task force per la corretta erogazione del reddito di cittadinanza
L'Inps ha organizzato una task force per la corretta erogazione del reddito di cittadinanza
di Andrea Taffi
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Lunedì 21 Giugno 2021, 03:35 - Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 03:23

ANCONA - I dati del lavoro della task force dell’Inps Marche li abbiamo pubblicati qualche giorno fa. Nella nostra regione le percentuali di revoca su circa 1600 domande esaminate nell’arco di nove mesi di lavoro minuzioso, oscillano tra il 30 e il 40%.

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Attenzione a trarre facili conclusioni perché è un dato da interpretare: il campione su cui nascono i controlli non è completamente casuale ma viene filtrato dagli ispettori di via Ruggeri andando a pescare tra le categorie più esposte alla possibilità di interpretazione deviata della legge. 

 
Il bestiario dell’aneddotica
Dunque i furbetti ci sono, nelle Marche ne hanno pizzicati molti e per questo Inps Marche ha avviato da tempo una lunga campagna di incontri e dialogo con Enti pubblici, uffici immigrazione delle questura e soprattutto Caf e patronati.

Perché se gli enti e gli sportelli collaborano scambiandosi informazioni, sale la probabilità che le domande siano allineate correttamente ai requisiti; che siano filtrate a monte le richieste inopportune o, peggio ancora, le dichiarazioni mendaci su posizioni degli stati di famiglia, dei redditi Isee, dei possedimenti patrimoniali dei richiedenti.

Che ci sia da fare un lavoro ancora importante per rendere il reddito di cittadinanza una reale e totale misura di sostegno per il contrasto alla povertà e l’inclusione sociale lo dimostrano le richieste che giungono agli sportelli di tutta la regione. 


Agganciare l’assegno
Documentano come in alcuni casi, questi sono i più clamorosi, ci sia palesemente e in qualsiasi modo il tentativo di agganciare l’assegno, non certo la richiesta di un sostegno da parte di chi si trova in uno stato di indigenza.

Una sorta di «io-speriamo-che-me-la-cavo» applicato al reddito di cittadinanza. Prendiamo per esempio la storia di una giovane 20enne a cui viene respinta la richiesta di bonus Covid come lavoratore intermittente. «Il bonus Covid - le rispondono gli addetti - viene erogato ad integrazione del reddito di cittadinanza già in pagamento al suo nucleo familiare (madre, due fratelli e compagno della mamma)».

La giovane ha candidamente chiesto se avrebbe avuto diritto all’importo totale andando a convivere con il fidanzato. Ancora. C’è un’altra ragazza under 26, non occupata e residente in una casa concessale in comodato d’uso gratuito dai genitori. La giovane, ricevuta la notizia della revoca del reddito di cittadinanza perché non essendo occupata né coniugata, viene fatta rientrare nel nucleo dei genitori, chiede senza remore se basta «solo sposarsi» per ottenere di nuovo il beneficio perché se così fosse, anticiperebbe l’evento già programmato.


La casistica
Quella degli stati di famiglia è una casistica imbarazzante. Su Linea Inps scrive per avere informazioni una donna, dipendente pubblica, con figlio disoccupato, 27 anni, il quale figura come residente con la nonna (invalida all’80% in alloggio popolare con pensione di cittadinanza). «Mio figlio è a mio carico nell’Isee: potrebbe ricevere il reddito di cittadinanza soprattutto per iniziare i percorso di inclusione nel mondo del lavoro? O la nonna deve rinunciare alla pensione di cittadinanza». 

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