ANCONA - Da due a una. Le tracce, già labili, di Marche nel Recovery Plan si dimezzano nel passaggio dal governo Conte II al governo Draghi. Nella seconda bozza rivista e corretta del Next Generation Italy il documento programmatico che attiverà investimenti per oltre 220 miliardi nel Paese si perde per strada (è proprio il caso di dirlo) il paragrafo che contemplava «l’ultimo miglio ferroviario e stradale per i porti di Venezia, Ancona, Civitavecchia, Napoli, Salerno».
Un tratto di penna, quindi, sui 2,1 miliardi che sarebbero finiti nella sezione intitolata “Porto integrato d’Italia” e tanti saluti alla corsia preferenziale che l’assessore al Porto di Ancona, Simonella auspicava da queste colonne. A mitigare la cancellazione, la certezza - controfirmata anche da Anas - che la nuova strada di uscita dal porto di Ancona è già in itinere. A diversi stadi sui tre segmenti ma già in itinere: il primo (allargamento della litoranea) è in fase di Valutazione di impatto ambientale. Il secondo (bretella Torrette-Barcaglione) invece in fase di progettazione definitiva, il terzo (Barcaglione-allaccio Statale 76, la Variante) è stato aggiudicato qualche giorno fa. Dunque si andrà avanti ma senza percorso accelerato.
Perché, e questa invece è una novità del Recovery Plan II, ci sarà un percorso accelerato: ci sarà, si legge un documento, «una modifica normativa del ministero, per anticipare la localizzazione dell’opera al momento del progetto di fattibilità anziché attendere la progettazione definitiva.
Buone notizie, si fa per dire, invece per la Orte-Falconara e la linea Adriatica ferroviaria che vengono confermate anche se va dato un peso alle parole. Qualcosa si è spostato, infatti, tra i due documenti: per la Orte-Falconara nel primo Pnrr si parla di velocizzazione, nel secondo di parla di rafforzamento. E il passaggio di spiegazione rasenta il comico: «al completamento dell’intero progetto ci sarà una riduzione dei tempi di percorrenza di 15 minuti sulla tratta Roma-Ancona e di 10 minuti sulla tratta Roma-Perugia». Quindici minuti da recuperare su una tratta di 3 ore e 50 che spesso finiscono a oltre quattro per i ritardi. Insomma, siamo a cavallo. E purtroppo non è solo un modo di dire.