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Ma c’è anche chi teme che l’ex fiera, soprannominata l’astronave di Bertolaso, si trasformi in un luogo di cura di tutti i malati Covid, con i suoi 84 posti letto ormai non più funzionanti da quattro mesi. Intanto il centro rimane chiuso e transennato. Eppure. Nei giorni scorsi l’allaccio di alcune celle frigo esterne ha fatto pensare a una imminente riattivazione della struttura. E così anche l’accensione dei motori esterni dei vari impianti per il trattamento dei pazienti più gravi affetti dal Coronavirus.
Difficile però capire se esista un cronoprogramma che porti alla riapertura dell’astronave civitanovese, che sarà uno dei nodi da sciogliere in mano al nuovo presidente della Regione Francesco Acquaroli. Il sindaco di Civitanova, Fabrizio Ciarapica, allarga le braccia: «Al momento è tutto in mano all’Asur: il compito del Comune si è esaurito prorogando il contratto di comodato d’uso gratuito dell’edificio fieristico (fino al 15 ottobre, per ora)». Da tempo l’area non è neanche sorvegliata: fino a tutto giugno, c’era personale del Cisom (il Corpo italiano di soccorso dell’ordine di malta) che ha realizzato l’ospedale interno alla fiera e anche del corpo militare dell’Ordine di Malta. Sono rimaste le transenne che impediscono di avvicinarsi al Covid Hospital mentre la sorveglianza è affidata alle telecamere del Comune.
Di un eventuale riapertura il primo cittadino non ne è a conoscenza. «Non sono stato interpellato in merito - sottolinea critico - ma il Covid hospital è stato realizzato anche nell’ottica di una ripresa del virus. Che i dati di questi giorni rendono acclarata. Ora che c’è la struttura, non ripetiamo gli stessi errori del passato. La ripresa dei casi non deve bloccare gli ospedali che devono continuare nella loro ordinaria attività». Il sindaco di Civitanova alza la voce ma non vuole alimentare polemiche. Pone interrogativi. «Chi gestisce la situazione? Non mi riferisco solo al Covid hospital, ma in genere chi coordina tracciamento e ricoveri? E quali sono i pazienti che dovranno arrivare alla fiera di Civitanova, quali saranno i medici e gli operatori sanitari che vi opereranno e da dove arriveranno? Infine: sono stati fissati percorsi per i cittadini? Chi ha sintomi dove va, cosa fa? Bisogna assolutamente evitare affollamenti nei Pronto soccorsi». Per il centro civitanovese l’Asur aveva previsto 34 medici (di cui 12 rianimatori) e 40 infermieri. Questo per gli 84 letti complessivi divisi in 7 moduli da 12 letti. Costo totale, 8,5 milioni.
Il presidente del comitato, Ivo Costamagna, teme che «qui arrivino non solo i malati gravi ma tutti i pazienti positivi. Fermo ha chiuso le porte e Civitanova diventa lazzaretto della regione. Tra le altre cose, si va contro la finalità con cui è stato realizzata, sbagliando, la struttura: si andrebbero a curare pazienti normali in spazi costosi per le terapie intensive. Noi continueremo la nostra battaglia in tutte le sedi». E il dottor Roberto Gobbato, vice segretario regionale del sindacato Anaao, manifesta tutte le sue perplessità in merito a una riattivazione del Covid hospital. «Una struttura inutile e costosa. Anche in caso di emergenza, essendo gestita dall’Area vasta non avrebbe il personale sufficiente per coprire i turni: inoltre la Regione sta predisponendo l’aumento dei posti letto di terapia intensiva negli ospedali marchigiani, per cui gli spazi di Civitanova potrebbero non essere mai utilizzati». Inoltre, sottolinea il dottor Gobbato «oggi sappiamo come trattare il Coronavirus e chi entra in terapia intensiva porta con sè patologie di diversa natura e comunque molto serie».
Anche Claudio Maria Maffei, ex direttore sanitario dell’Inrca di Ancona e creatore del blog Marche Sanità si è espresso più volte contro il Covid hospital di Civitanova. Ma stavolta ci va cauto. «Credo che stavolta i vantaggi e gli svantaggi di questo centro siano stati abbondantemente discussi e valutati - sottolinea - per cui la decisione sul da farsi stavolta sarà meno emotiva e più motivata». Sul Covid hospital grava anche un’inchiesta giudiziaria per abuso d’ufficio e falso di cui si sta occupando l’avvocato Federico Valori: «Dal punto di vista legale se la riapertura dovesse passare attraverso una nuova convenzione con il Comune potrebbe essere sanata la questione urbanistica. Per il resto ribadisco tutte le mie perplessità su questa struttura».
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