Dopo il picco Covid riapre anche la pesca alla trota: «Sempre più no kill, lo chiedono gli appassionati»

Dopo il picco Covid riapre anche la pesca alla trota: «Sempre più no kill, lo chiedono gli appassionati»
Dopo il picco Covid riapre anche la pesca alla trota: «Sempre più no kill, lo chiedono gli appassionati»
di Maria Cristina Benedetti
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Sabato 8 Maggio 2021, 08:27 - Ultimo aggiornamento: 18:06

ANCONA - La lenza, lucida e trasparente, s’allunga sul fiume mentre la mente allenta la presa. Quel lungo filo di nylon, che resiste alle sfuriate dei pesci più combattivi, per molti è la distanza ideale dalla quotidianità. Il respiro profondo che precede la quiete. È la pesca sportiva che domani supererà gli steccati delle restrizioni imposte dall’incedere del Covid. Per ricominciare.

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«Domenica si riapre. In realtà - non trascura le sfumature Luca Esposito, consulente in materia per la Regione - quel giorno termina il fermo biologico legato alla trota». Appartenente alla famiglia dei salmonidi, è questa la specie più gettonata dagli appassionati di ami, esche e mulinelli. Nelle Marche, a tener d’occhio il numero delle licenze, nel 2020 erano 5.717: poco di più dell’anno prima, quando se ne contavano 5.650, e meno del 2018 quando erano 5.815. Una scelta amatoriale per i due terzi del gruppo, il resto è agonismo puro. Gare.
Lo slittamento 
«Prima dell’emergenza sanitaria - ricorda Esposito - si tornava a pescare nel periodo compreso tra l’ultima settimana di febbraio e la prima di marzo. Quest’anno, come il precedente, la situazione pandemica ha modificato tutto. Lo slittamento di un paio di mesi è stato deciso per far coincidere il riavvio con il periodo di spostamento uguale per tutti. La zona gialla». Tesserino segna-catture alla mano, da domani e fino al 28 ottobre si tornerà a godere dello scorrere dei torrenti. Con una Carta a regolare passione&emozioni. «Le norme che Palazzo Raffaello individua per la gestione della fauna ittica, delle acque interne e delle attività di pesca sportiva sono ordinate nel Calendario Piscatorio». Ma sempre e comunque è la natura che conduce. «Per molti gioca un ruolo fondamentale nella propria passione l’ambiente di pesca, a volte più della quantità di pescato». A pettine o a rastrello, dalla dorsale appenninica l’acqua scende a rivoli verso la costa. Da nord a sud va giù per le valli, dalle sorgenti al mare quasi a rispettare un principio di geografia democratica. Quattordici sono i fiumi principali, che arrivano dritti in Adriatico, altrettanti quelli micro, più il Nera che nasce qui ma che poi scorre in Umbria fino a tuffarsi nel Tevere e con lui finire nel Tirreno. Per gettare l’amo il tratto prediletto è quello pedemontano.
Le pratiche 
Innanzitutto sostenibile. Esposito segna il perimetro. «Chi pratica la pesca sportiva non si pone come unico obiettivo quello di catturare il pesce per nutrirsene, ma cerca la sfida nella cattura stessa: ne è la prova il diffondersi del no-kill, il metodo senza uccisione, e del catch&release ovvero cattura e rilascio». Lo dimostra coi fatti: «Sono gli appassionati a chiedere sempre più che i corsi d’acqua siano dedicati a queste pratiche». 
L’impegno 
Soprattutto evoluzione.

Sensibilità, come quella dimostrata dalle associazioni dei pescatori. «Nelle Marche sono cinque - ripassa la mappa Massimo Pensalfini - e sono organizzate come una sorta di pronto soccorso per preservare i pesci dalle sostanze inquinanti nelle acque. In caso di sversamenti si attivano subito per raccoglierne il più possibile con delle vasche mobili che s’agganciano alle auto, per metterli in salvo». Da responsabile regionale del servizio caccia e pesca sportiva qual è, mostra il volto alternativo d’una passione che intercetta l’impegno civile. «In caso di siccità - è la sua narrazione - i pesci vengono spostati nella porzione di fiume dove l’acqua scorre più abbondante».

Una funzione di tutela ambientale, quella delle associazioni, che il Palazzo punta a regolare nello spazio d’una convenzione. Pensalfini procede a passo spinto e ribadisce: «Abbiamo lavorato a un progetto per armonizzare la tutela della fauna ittica dei nostri fiumi con l’attività di pesca sportiva». Lo step successivo porta fino a Roma. «È al vaglio del ministero. Stiamo aspettando la risposta». Sull’effetto che farà ha pochi dubbi: «La pesca diverrà una voce fondante per attrarre il turismo». La suggestione dei luoghi si mescola alla qualità delle acque per garantire una formula che, in epoca di ripartenza in salita, vale un atout o un asso di briscola: la destagionalizzazione. «Poter accogliere pescatori di altre regioni, amatoriali o agonistici che siano, significa poter far conoscere le bellezze del nostro territorio anche in periodi non di punta come l’estate». La lenza, lucida e trasparente, s’allunga sul fiume mentre la mente allenta la presa. È l’evoluzione della pesca.

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