Papalini dimissionato: Confindustria Marche nel caos, la confusione regna sovrana

Mauro Papalini
Mauro Papalini
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Lunedì 28 Dicembre 2020, 06:05 - Ultimo aggiornamento: 12:27


ANCONA  - Ci mancavano le dimissioni lampo del nuovo presidente di Confindustria Marche Nord Mauro Papalini alla vigilia di Natale.

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È l’ideale conclusione del disastroso mese di dicembre nel quale il sistema associativo marchigiano più prestigioso, ridotto a 1500 aziende in tutta la regione, ha visto dimettersi (volontariamente o accompagnato da Roma) tre presidenti su cinque territoriali: in ordine di tempo Fermo, Macerata e Pesaro. 

 
Il primo, Melchiorri, in aperto dissenso con il presidente dell’accorpata Centro Adriatico, Simone Mariani; il secondo per la infelice uscita durante un webinar («Riapriamo, se qualcuno morirà pazienza»); il terzo raggiunto dall’anatema di Confindustria nazionale e accompagnato alla porta per un pasticcio maturato in una triangolazione di dichiarazioni maturate tra il consiglio di presidenza, all’insediamento, il comunicato stampa e la segnalazione fatta dal collega Bocchini, vicario e presidente di Ancona a proposito dei moti di dissenso della territoriale gemella.

Insomma, stringiamoci a coorte sembrerebbe il motto di Confindustria Marche dove si fa prima ad elencare chi è rimasto in piede tra litigi, dabbenaggine e vecchi rancori. Ovvero Mariani (Ascoli) e, appunto, Bocchini (Ancona).

Oltre a Claudio Schiavoni, presidente di un sistema regionale più che mai prossimo all’inconsistenza gassosa. Il silenzio stampa ordinato da Roma ha fatto calare una coltre di reticente silenzio. In realtà i telefoni sono stati bollenti per tutto il giorno in un rimbalzo di ipotesi e rimpalli di responsabilità. In attesa di capire che cosa potrebbe succedere in un contesto del genere. Se le cose scorrono secondo statuto bisogna arrivare alla pagina numero 30 delle 56 cartelle firmate a Jesi nel 2017 all’atto fondativo della fusione tra le associazioni di Ancona e Pesaro. 


Al titolo terzo, capo A (Organi di Confindustria Marche Nord) al punto 22.3 è scritto che «nel caso in cui il presidente si dimetta, il vice presidente vicario assume le funzioni di presidenza fino all’elezione del nuovo presidente, per il cui rinnovo sarà attivata la procedura elettiva entro 30 giorni». Quindi non resta che aspettare le carte firmate da Pierluigi Bocchini, presidente di Ancona, che tuttavia dal 23 ha il telefono staccato, o quasi. La versione dell’accompagnamento alla porta del neoeletto presidente su segnalazione di Ancona per mano dei probiviri confederali non collima con quella di un Papalini già precario al momento dell’elezione e, nonostante tutto, autorizzato da Roma, ad andare avanti.

Invocato ma poco probabile appare il commissariamento. Anche se è evidente che a questo punto della giostra sarà Roma a provare a pilotare un accorpamento a cinque visto che con le Marche in fiamme un tabula rasa appare l’unica soluzione percorribile e/o di buon senso. Non parla anche Claudio Schiavoni e non parla Casoli che ha agito insieme ai colleghi pesaresi Bertozzini e Andreani nel tentativo di ricucire la posizione intorno a Papalini. Allarga le braccia il presidente della Camera di Commercio delle Marche Gino Sabatini: «Non conosco gli accordi fatti tra le territoriali. Ogni associazione ha il suo modello ed è difficile far capire che in questa fase è meglio condividere i percorsi che non dividersi. Per esperienza personale e auspicio credo che l’unità sia un valore aggiunto per l’associazione rispetto agli interlocutori naturali, in primis Regione e Camera. Certo, non pensare a entità superiori può essere penalizzante in questo momento storico».
 

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