ANCONA - Nelle pieghe dei numeri l’allarme potrebbe uscire ridimensionato. Alla trepidazione dei medici di famiglia sulle carenze d’organico, con il rischio che un marchigiano su dieci entro tre anni non lo avrà, si contrappone la tabella sullo stato di saturazione. Nella griglia, ordinata dalla Regione per Aziende sanitarie territoriali, emerge che nelle Marche il 57,6% di quei camici bianchi non è massimalista. Tradotto: degli 856 che si prendono cura dei marchigiani, oltre la metà ha ancora margine d’azione.
Il rapporto
A leggere meglio il dato: 493 di loro sarebbero in grado di accogliere nei loro studi altri assistiti, poiché il loro portafoglio-pazienti non va oltre il limite imposto dalla legge.
A scorrere la stessa griglia, emerge che la criticità è piuttosto di natura geografica, con l’entroterra che, come sempre accade, paga pegno. I medici di famiglia si concentrano nelle città, non disdegnano la costa. Al contrario, sono una rarità nei luoghi più remoti di questo territorio di Adriatico&colline. Un disagio che spesso rasenta l’asprezza dell’urgenza è che alcune regioni hanno tentato di risolvere con una formula differenziata. Della serie: coloro che scelgono di esercitare la professione in posti disagiati vengono incentivati, con una maggiore remunerazione. Una decisione politica, più che organizzativa.
Lo scorporo
A seguire il filo logico che tiene insieme il prospetto della saturazione, aggiornato lo scorso 8 marzo, emerge che l’ Azienda sanitaria territoriale con la percentuale più esigua di non massimalisti è la quarta, ovvero quella di Fermo e dintorni: su 102 medici di base, 33 sarebbero in grado di assorbire assistiti. Segue l’area del Maceratese, che equivale all’Ast 3: con il 37,7% sono 65, sul totale di 177 camici bianchi, coloro che possono offrire ancora margini di disponibilità. È nel distretto di Ancona, l’Ast2, che il dato s’impenna: sono 155 i non massimalisti che, se rapportati al totale dei 207 medici di base, generano la percentuale più alta, il 74,9%.
Oltre questo procedere di scorporo la situazione, tuttavia, è destinata a peggiorare: nel 2022 sono andati in pensione in 59, nel 2023 saranno in 77 a uscire dal sistema per raggiunti limiti di età e nel 2024 si toccherà il numero record di 107. I medici di medicina generale non indietreggiano sulla loro convinzione: se non si corregge il tiro, rischiano di restare senza assistenza in 150mila. La conversione in pratica: studiare i periodi di pensionamento, rivedere l’organizzazione, puntare sulla figura dell’infermiere di famiglia e di comunità, incentivi per i posti disagiati. Un’impresa in quattro mosse.
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