Tecnicamente, il governo Draghi ha ottenuto la fiducia al Senato con 95 sì e 38 no. I pentastellati si sono dichiarati “presenti non votanti” per non far mancare il numero legale, quelli di Lega e Forza Italia hanno invece deciso di non partecipare al voto. Tuttavia, i numeri sono troppo esigui per garantire la stabilità ad un Esecutivo ormai a pezzi. Politicamente la maggioranza non esiste più e, anche se il premier non è salito già ieri sera al Quirinale per rassegnare le dimissioni, le elezioni anticipate sono al momento lo scenario più probabile. Le date più papabili sarebbero quelle del 2 o del 9 ottobre.
La pattuglia marchigiana
Tra i banchi di Palazzo Madama, la pattuglia marchigiana ha espresso il suo verdetto sulla risoluzione di Pierferdinando Casini che chiedeva di approvare le comunicazioni fatte in aula dal premier.
«Ci aspettavamo di sentir parlare di impegni precisi - scrive su Facebook Donatella Agostinelli -. Invece siamo stati oggetto solo di attacchi politici per metterci alla porta. Continueremo le nostre battaglie per il Paese e per chi non conta».Inizialmente pronta a sostenere un Draghi bis senza il Movimento, la Lega ha alla fine cambiato idea perché, come spiega il senatore Giuliano Pazzaglini, «avremmo votato la fiducia al governo se avesse dato un segno di discontinuità. Non avremmo potuto riprendere da dove eravamo stati costretti a lasciare. Questo segno non c’è stato, né nei fatti né nelle parole del presidente, e per questo non abbiamo partecipato al voto».
Il forzista Andrea Cangini sceglie invece di votare la fiducia, in dissenso con il suo partito, perché «abbiamo già votato la fiducia al governo Draghi 55 volte e non c’è un fatto politico che giustifichi un cambio di voto, almeno da parte mia». Chiude l’elenco il dem Francesco Verducci, che con il Pd ha garantito l’appoggio a Draghi perché «le ragioni di questo governo sono ancora più forti di quando nacque perchè più drammatiche sono le emergenze da fronteggiare».
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