JESI - Quattrocento pazienti seguiti, dall’istituzione nel giugno 2020 a oggi, dall’Ambulatorio integrato post Covid del Carlo Urbani di Jesi: su oltre la metà di loro, sintomi persistenti strascico della malattia ancora 12 mesi dopo. Ripercussioni fisiche e psicologiche che, però, gli ultimi dati britannici dicono ridursi già ad una settimana dalla vaccinazione. Un quadro riferito dal dottor Marco Candela che, ispiratore dell’Ambulatorio Integrato, direttore del Dipartimento Medico dell’Area Vasta 2 e del reparto di Medicina Interna dell’ospedale di Jesi, dice: «La miglior prevenzione, nella più assoluta logicità, è evitare l’infezione mediante buone pratiche comportamentali e soprattutto la vaccinazione».
Il percorso
Spiega Candela: «Attualmente circa 400 pazienti sono stati osservati nell’Ambulatorio Integrato.
Le conseguenze
Nel complesso, «le problematiche residue inducono tristemente insieme una ridotta qualità di vita in oltre la metà dei casi con almeno un sintomo persistente dopo 12 mesi dall’infezione in una pari percentuale nei pazienti inizialmente arruolati. Ovviamente tali riscontri sono emersi con maggior frequenza nei pazienti che avevano sviluppato all’esordio un’infezione di maggiore gravità». Spiega Candela che i risultati dell’osservatorio jesino sono sovrapponibili, quanto sia ai sintomi sia alle loro percentuali di prevalenza, a quelli «riportati in studi e riviste scientifiche di valenza internazionale tipo Lancet e Nature Medicine, che hanno introdotto neologismi medici quali “post-acute Covid19 syndrome” o “long term post-Covid”». Al di là dei trattamenti terapeutici, la prevenzione dell’infezione, tramite comportamenti adeguati e vaccinazione, è fondamentale. Ed è qui che il dottor Candela rileva: «In una recentissima esperienza britannica la vaccinazione è emersa ridurre sia la prevalenza sia l’entità dei sintomi postcovid nei pazienti comunque infettati. A distanza di almeno una settimana dalla vaccinazione oltre la metà dei casi analizzati ha riferito meno sintomi di Long Covid, con totale miglioramento nell’11% dei casi e un ulteriore 15% con un numero ridotto di sintomi. In questo ambito i vaccini a mRna tipo Pfizer o Moderna sono stati associati a un maggior miglioramento. Dati che introdurrebbero non solo una efficacia preventiva ma anche terapeutica delle manifestazioni da parte della vaccinazione».
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