Le linee del virologo Clementi: «Per gli under 12 non serve ma per gli altri è importante. Non si porta la Delta a casa»

Le linee del virologo Clementi: «Per gli under 12 non serve ma per gli altri è importante. Non si porta la Delta a casa»
Le linee del virologo Clementi: «Per gli under 12 non serve ma per gli altri è importante. Non si porta la Delta a casa»
di Martina Marinangeli
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Sabato 18 Settembre 2021, 03:05 - Ultimo aggiornamento: 19 Settembre, 09:47

Professor Massimo Clementi, direttore del laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’ospedale San Raffaele di Milano: le Marche si posizionano tra le ultime Regioni in Italia nel target vaccinale che va dai 12 ai 19 anni: quanto è grave che un’ampia fetta di ragazzi in età scolare non sia immunizzata?


«Non è grave dal punto di vista medico, perché si tratta di soggetti che normalmente non sviluppano le forme severe della malattia. Ma è un evento che favorisce la circolazione del virus in casa. Con circa 2 milioni di over 50 – che sono i genitori o i nonni di questi ragazzi – ancora non vaccinati in Italia, è chiaro che nel momento in cui si dovessero infettare in classe e poi portare il virus a casa, rischierebbero di far ammalare i familiari».

 
Ed ora che è ricominciata la scuola, il rischio è che si trasformi in un moltiplicatore di contagi con queste basse coperture.


«Sì esatto. È questo il maggior rischio che vedo nei giovani non vaccinati.

Ho letto che negli Stati Uniti, Pfizer e Moderna stanno cercando di registrare il vaccino anche per i più piccoli, sotto i 12 anni: questo, forse, è troppo e non credo serva».


Una delle argomentazioni più ricorrenti di chi si dice contrario alla vaccinazione sui ragazzi è che non sviluppano le forme più gravi della malattia da Covid. È così?


«No, è importante che si vaccinino per generare una barriera alla circolazione del virus. Ogni singola cellula infettata produce tremila virus, di cui circa una trentina sono varianti. Poi, nella grande maggioranza dei casi, si tratta di varianti che non hanno futuro perché non danno nessun beneficio alla diffusione del virus, o non replicano proprio. Ma più il virus replica, più possibilità ci sono che emerga una variante come la Delta o come quella inglese, con le conseguenze che conosciamo».


C’è il rischio che emerga una variante capace di bucare del tutto i vaccini di cui disponiamo? 
«Speriamo di no. Finora non l’hanno fatto e questo è già un buon segnale sull’efficienza di questi vaccini». 


Pfizer e Moderna stanno aggiustando i loro vaccini sulla variante Delta, così da migliorarne la risposta.


«Sì. Ma il primo vaccino, quello che abbiamo ricevuto, è ancora efficace perché determina un’immunità notevole e lo stanno dimostrando in Israele, dove lo utilizzano per la terza dose, con la quale hanno già immunizzato poco meno della metà della popolazione». 


A proposito di terza dose, secondo lei andrebbe fatta solo ai soggetti fragili - come per ora previsto – o andrebbe estesa a tutta la platea vaccinabile?
«A me piacerebbe fosse prevista per tutti, come stanno facendo in Israele. Anche per un ragionamento egoistico: io vorrei farla, dato che mi sono vaccinato ormai a gennaio, ma non ho ancora 70 anni. Scherzi a parte, sarebbe molto utile. Ora si inizia giustamente con le persone immunodepresse, trapiantati, Rsa ed over 80; dopodiché l’idea è di procedere con altre fasce».


Andrebbe fatta anche alle fasce più giovani, come quella 12-19, a suo avviso?


«È presto per parlarne: ancora under 20 molti devono essere vaccinati con le due dosi e, in ogni caso, per fare la terza bisogna aspettare che siano trascorsi nove mesi dalla seconda. Ma in una prospettiva futura, sì».

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