La linea di Bocchini (Clabo): «Facciamo capire che lavorare in fabbrica è un valore»

La linea di Bocchini (Clabo): «Facciamo capire che lavorare in fabbrica è un valore»
La linea di Bocchini (Clabo): «Facciamo capire che lavorare in fabbrica è un valore»
di Martina Marinangeli
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Sabato 7 Gennaio 2023, 07:00

Pierluigi Bocchini patron dell’azienda Clabo di Jesi: il mondo dell’occupazione marchigiano sta vivendo un paradosso. Il lavoro c’è ma non si trovano le figure a cui farlo fare. Cosa succede?


«Il problema principale del mismatch che stiamo vivendo sono i prepensionamenti che stiamo incentivando come sistema. Pensioniamo persone di 60 anni con esperienza e competenze difficilissime da ricreare. In altri Paesi, a quell’età si continua a lavorare e a dare un valore aggiunto, Noi invece stiamo perdendo competenze manifatturiere incredibili nel mondo imprenditoriale. E questa è una delle principali criticità».

 
Quali sono le altre?
«La difficoltà si crea non solo “in uscita” ma anche “in entrata”. Mi spiego: i nostri Istituti Tecnici Superiori di formazione sfornano circa 8mila profili professionalizzati all’anno contro gli 800mila della Germania, per fare un esempio».
Una differenza abissale: a cosa è dovuta?
«In Italia le famiglie non mandano i propri figli negli Its perché se oggi un ragazzo non fa il liceo o non prende una laurea sembra che sia un disonore. Poi però in fabbrica non si trovano i profili che servono».
Il nodo gordiano parte dalla formazione, dunque.
«Certo. A partire dall’alternanza scuola-lavoro. Gli ultimi governi (tolto quello Meloni che si è insediato da poco e non ha ancora fatto niente in materia) anziché migliorarla ed incentivarla, l’hanno progressivamente smantellata. E questo è un dramma. Perché così oggi è diventato quasi impossibile avere in azienda studenti ai quali insegnare il mestiere per farli essere pronti una volta che entreranno nel mondo del lavoro». 
Succede anche nella sua azienda? Come gestite la situazione?
«Succede in tutte le aziende, purtroppo, e sta diventando sempre più complicato gestire la cosa. E nelle Marche il problema è anche più evidente che altrove».
Perché?
«Il sistema imprenditoriale marchigiano è di filiera: ciò significa che, a parte alcune grandi aziende, è composto da piccole e medie imprese parte di una catena, con competenze specifiche altissime per singole fasi produttive. Pensiamo al settore moda: le grandi multinazionali francesi che aprono stabilimenti produttivi nel Fermano, lo fanno perché lì trovano competenze che altrove non trovano. Se noi lasciamo andare le figure già formate e non siamo in grado di formarne altrettante con le stesse competenze e disponibilità a lavorare, il problema diventa inevitabile e ci riguarda tutti».
Come se ne esce?
«Le Marche sono la regione italiana con la maggior incidenza di occupati nel mondo manifatturiera: o andiamo a riformare il sistema e facciamo capire che il lavoro in fabbrica è un valore, oppure il problema non si risolverà mai.

E ne pagheremo le conseguenze».

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