ANCONA - Una boutade. O una semplice provocazione. È così che le categorie economiche interpretano la proposta di alcune aziende del nord Italia di spostare la produzione sul fine settimana, quando i consumi energetici hanno costi minori. Seppure sembri un’idea fuori dal normale, restituisce però bene il quadro di una situazione totalmente sballata dal forte rincaro delle utenze: 55% per l’elettricità, 41,8% per il gas. In prospettiva si paventano aumenti dei prezzi sui prodotti finiti, in un contesto dove per effetto della pandemia si sono già registrati aumenti delle materie prime. Una congiuntura che inevitabilmente porterà a far schizzare l’inflazione e ad una successiva situazione di instabilità economica. E per essere l’inizio dell’anno non c’è male.
L’esasperazione
Il tessuto produttivo regionale è in forte allarme.
La proposta in campo
Tra l’altro quella di spostare la produzione sul fine settimana, mantenendo il lunedì di riposo, è un’ipotesi che non solo non trova la sponda degli stessi organi di riferimento delle imprese, ma neanche a dirlo incontra l’altolà dei sindacati. «Va considerato il fatto che già le aziende hanno turni che coprono l’orario festivo - spiega Claudia Mazzucchelli, segretaria generale della Uil Marche - inoltre eventuali richieste di spostamento della produzione, o aumento dei turni festivi, non possono che essere gestite con le Rsu e le organizzazioni sindacali attraverso la contrattazione aziendale». Come a dire: cambiare il modello lavorativo attuale non è un gioco da niente. Ma un margine di trattativa potrebbe esserci. «Valutando le specifiche situazioni nei vari settori e partendo dalle regole contrattuali vigenti - afferma Sauro Rossi, segretario generale della Cisl Marche - potrebbe essere importante arrivare ad un accordo generale che regoli, in via temporanea, un piano di flessibilità degli orari straordinario».
La competitività
Il problema principale è evitare che le imprese escano dall’agone della competitività dei mercati internazionali. «Per le imprese del settore manifatturiero, che sono in gran parte energivore, questo incremento dei costi si traduce inevitabilmente in una mancanza di competitività impressionate - riferisce Giorgio Giorgetti, presidente Confapi Marche - e quindi un conseguente aggravio sui costi a cui è difficile porre rimedio». Un danno non solo per il mercato interno «ma anche e soprattutto per l’export» aggiunge Giorgetti. Il rischio, inoltre, è quello di vanificare gli sforzi fatti finora per contrastare gli effetti della pandemia sul settore produttivo. Tanto più che all’orizzonte ci sono le risorse che devono arrivare con il Pnrr «al cui interno c’è anche una voce dedicata alle tecnologie green» precisa Cipitelli. «Siamo di fronte ad un’opportunità molto importante - aggiunge Gregorini - ci saranno ingenti risorse disponibili derivanti dal Pnrr, e questo è l’obiettivo primario. Dobbiamo farci trovare pronti e compatti».
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