«Ucraina, il mio Pavel in trincea non so se tornerà vivo». Il senigalliese Claudio Quaglia: «Combatte sul fronte sud, preghiamo per lui»

Pavel con il babbo Claudio Quaglia nel 2015 e in divisa militare oggi
Pavel con il babbo Claudio Quaglia nel 2015 e in divisa militare oggi
di Sabrina Marinelli
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Domenica 27 Febbraio 2022, 02:05 - Ultimo aggiornamento: 15:23

SENIGALLIA - Scorre anche sangue senigalliese nelle vene del soldato Pavel, che sta difendendo l’Ucraina dagli attacchi della Russia. È il nipote dell’arrotino di Borgo Molino e anche il padre, Claudio Quaglia, è cresciuto a Senigallia dove ha vissuto oltre vent’anni prima di trasferirsi per lavoro. Altri vent’anni li ha trascorsi in Russia, poi è andato in Ucraina dove ha conosciuto la madre di Paolo, all’anagrafe Pavel. Il ragazzo ha 24 anni ed è un ingegnere aeronautico.

 
La scelta
Dopo essersi diplomato nell’accademia militare è rimasto a lavorare nell’esercito a Nikolaev, vicino Odessa.

La sua famiglia è originaria di Borgo Molino, un quartiere commerciale a ridosso del campus scolastico. Il nonno paterno lavorava come arrotino e girava per la città in bicicletta. Molti lo ricordano. Il padre Claudio Quaglia è stato a Senigallia anche la scorsa estate. Adesso vive a Resia, in Friuli. «Sono nato a Resia ma mi sono trasferito subito a Senigallia per raggiungere mio padre – racconta Claudio Quaglia –, a Senigallia sono cresciuto, ho frequentato le scuole e ho iniziato a lavorare poi mi sono trasferito ma torno spesso. Sono venuto a giugno dello scorso anno». Pavel è nato da una relazione che il padre ha avuto con una donna ucraina, a cui è ancora legato da una profonda amicizia. Lei lo aggiorna di continuo sulla situazione. Claudio Quaglia sta vivendo nell’angoscia più assoluta per le sorti del figlio. «Sono preoccupato non è facile per me mettermi in contatto con lui – racconta – sta combattendo nel fronte sud dove ci sono i maggiori bombardamenti e il suo gruppo ha subito numerose perdite. Alle 6 di questa mattina (ieri ndr) era vivo, sono riuscito a sentirlo ma non è facile parlarci nemmeno per me». 


Il saluto
L’ha salutato con il cuore in gola, sapendo che sarebbe tornato a combattere e che forse quello sarebbe stato il suo ultimo contatto con lui. Nel pomeriggio di ieri ha appreso che era ancora vivo, vedendo che aveva postato un video sui social. Attende notizie Claudio Quaglia, non si stacca dal telefono e dal computer dove sa che suo figlio potrebbe mettersi in contatto con lui. Passa il tempo tra una preghiera, sperando che un angelo custode lo protegga, un pianto disperato quando vede ciò che sta accadendo al fronte dove combatte Pavel e l’attesa di ricevere sue notizie. Un’ansia ingestibile, incontrollabile. Pavel, che ha frequentato l’accademia militare in Ucraina, è stato chiamato a combattere lunedì. Ne ha dato lui notizia sul suo profilo Facebook scrivendo “Okay, let’s go”. Paolo, come lo chiama il padre, Pavel il suo vero nome, è molto legato a lui anche che se ha sempre vissuto in Ucraina dove è rimasto con la madre dopo che i genitori si sono lasciati, pur rimanendo in ottimi rapporti. «Mio figlio è tutto quello che mi rimane – dice disperato Claudio Quaglia – chi mi conosce lo sa, per varie vicissitudini che ho avuto nella vita. È tutto per me, non posso perderlo. Pregate per lui, sono disperato». Chiede a tutti una preghiera, trovando nella fede l’unico conforto all’orrore della guerra che potrebbe strappargli via l’amato figlio. È consapevole del pericolo e guarda con amore e tormento, allo stesso tempo, quel bambino oggi diventato un uomo, un soldato delle resistenza ucraina.

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