Il prof Donato Iacobucci (Politecnica): «Veloci nella digitalizzazioni o le imprese resteranno indietro»

Il prof Donato Iacobucci (Politecnica): «Veloci nella digitalizzazioni o le imprese resteranno indietro»
Il prof Donato Iacobucci (Politecnica): «Veloci nella digitalizzazioni o le imprese resteranno indietro»
di Maria Cristina Benedetti
3 Minuti di Lettura
Sabato 5 Novembre 2022, 07:20

Fissa il discrimine, Donato Iacobucci. Il docente di Economia Applicata alla Politecnica è netto nel giudizio: «Nei processi di digitalizzazione delle imprese il gap principale è associato alla loro dimensione». 

 
Prof, traduca in pratica. 
«Non è tanto una questione di disponibilità finanziaria per i necessari investimenti, quanto di mancanza di capitale umano qualificato e di necessità di cambiamento dei modelli organizzativi e di business». 
Un cambio di rotta tuttavia è innegabile. 
«Certo, la crisi pandemica ha accelerato questi processi, consentendo alle imprese regionali di recuperare terreno. Ora si tratta di velocizzare l’adozione delle tecnologie digitali. Se non si tiene il passo si arretra facilmente». 
Che fa, cede al pessimismo? 
«Tutt’altro. Anche su questo fronte sembrano esserci segnali incoraggianti, per effetto delle numerose iniziative messe in atto a livello nazionale e regionale. Il piano Impresa 4.0, lanciato nel 2016 dall’allora ministro Calenda, è stato fra i più efficaci provvedimenti di politica industriale degli ultimi decenni».
Torni sul terreno di casa. 
«Facile. È sufficiente ricordare i bandi regionali per favorire l’innovazione nelle imprese e il Pid, il Punto impresa digitale della Camera di Commercio, che svolge un’azione di informazione e diffusione delle tecnologie, in particolare verso le realtà di più piccola dimensione».
Mai più senza cosa? 
«Il potenziamento dell’offerta di servizi avanzati sul territorio: è fondamentale poiché, ribadisco, i processi di digitalizzazione non si esauriscono nell’acquisto di tecnologia, ma comportano conseguenze in termini di aggiornamento delle competenze, di modelli organizzativi e, in qualche caso, la ridefinizione dell’intero modello di business». 
Gli acquisti in rete, che passione. Sono un volto della stessa medaglia? 
«Molte imprese hanno iniziato la vendita tramite l’e-commerce in risposta alle restrizioni alla mobilità indotte dalla pandemia. Bastava un’applicazione semplice e poco costosa. Ma nel farlo si sono subito rese conto che quella tendenza imperante non si esauriva lì».
Si spieghi.
«Cambia il rapporto con il cliente; vi sono nuove informazioni da acquisire e da fornire; nuovi servizi da associare al prodotto che a volte occorre ripensare, modificandone il packaging o le funzionalità».
In sintesi? 
«Tutto questo comporta non solo l’inserimento di nuove figure, ma anche la ridefinizione dei processi commerciali e produttivi, fino alla progettazione del prodotto».
Un nuovo scoglio? 
«Sì. Le difficoltà aumentano poi quando si passa a tecnologie più complesse, come l’internet of things o le applicazioni di intelligenza artificiale». 
La contromossa? 
«L’offerta di servizi, pubblici e privati, di accompagnamento ai processi di digitalizzazione. La vivacità nell’avvio di nuove imprese in questo ambito, segnalata dall’ultimo rapporto di Bankitalia, è un segnale positivo poiché riflette una maggiore domanda, che va in questa direzione». 
 

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