Il governatore Acquaroli a 11 mesi dall’elezione:«Il modello Mancini per le mie Marche. Il sogno è la Guinza». Sanità, assessori, infrastrutture, lavoro: ecco cosa dice

Il governatore Acquaroli a 11 mesi dell’elezione:«Il modello Mancini per le mie Marche. Il sogno è la Guinza». Sanità, assessori, infrastrutture, lavoro: ecco cosa dice
Il governatore Acquaroli a 11 mesi dell’elezione:«Il modello Mancini per le mie Marche. Il sogno è la Guinza». Sanità, assessori, infrastrutture, lavoro: ecco cosa dice
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Sabato 14 Agosto 2021, 02:00 - Ultimo aggiornamento: 15:06

Governatore Francesco Acquaroli che voto si dà a 11 mesi dall’inizio del suo mandato in Regione?
«Il voto me lo danno i marchigiani. Io sono soddisfatto del clima che siamo riusciti a costruire e delle progettualità messe in campo. In questi 11 mesi, 6 sono passati tra le diverse ondate della pandemia. Abbiamo portato a casa leggi importanti e a settembre abbiamo altri passaggi cruciali prima dello scoccare del primo anno di giunta. Sento entusiasmo negli interlocutori che incontro e questo mi fa felice. Poi è anche vero che si lavora su tanti fronti ed è normale se non c’è una unanimità».

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Ma proprio contento di tutto? Possibile? 
«Non voglio sembrare presuntuoso ma sono felice di quel che siamo riusciti a fare. Posto che tutto è sempre migliorabile». 
Dove e come ha pagato lo scotto del noviziato? 
«Quando fai una cosa che ti piace, nulla è pesante e io metto sempre entusiasmo o passione. Se mi chiedono: sono stati 11 mesi pesanti? Io dico: no. Sono stati faticosi? Certamente sì. Va detto anche che con 4 anni di consigliere regionale alle spalle, un po’ la Regione conoscevo anche se non avevo la presunzione di dire che la conoscessi tutta. Però lo spirito collaborativo che ho instaurato mi ha aiutato».
Una delle critiche che si ascoltano. Acquaroli è una brava persona, ottimo mediatore, mai fazioso magari troppo in solitudine ma con poca personalità politica e un po’ troppo in linea con le cose che vengono dette da Roma. Concorda o dissente?
«Le critiche costruttive le accetto ma questa mi pare infondata. Non scambierei la preferenza per il gioco di squadra con una mancanza di personalità. Mi sembra mistificatorio. Poi vivendo tutto in prima persona sottolineo che le scelte vengono tutte compiute nelle Marche, è infondato sostenere che ci sia un’influenza marcata da Roma. L’affinità di pensiero con la leader del mio partito è un punto di forza e non di debolezza».
Al di là dell’obiettivo generale della “sanità sul territorio” il nodo dell’azienda Marche Nord sembra condizionante per fare partire tutto il risiko della riorganizzazione e non si è capito cosa vogliate farne. Riesce a sciogliere questo nodo?
«Marche Nord resterà ma la miglioreremo. La pandemia ha evidenziato un limite, un elemento che manca alla sanità e che va restituito al sistema: una rete diffusa sul territorio che si integri con le strutture ospedaliere. Non vado a contraddire tutto quello che c’era prima ma nemmeno lasciare tutto intatto. Se qualcuno pensa che il centrodestra smonta quel che funziona per parte presa si sbaglia. Le due città che valgono mezza provincia non possono vivere estrapolate dal territorio.abbiamo chiesto uno studio alla Politecnica per conoscere il fabbisogno sanitario in tutta la regione. Parliamo di prestazioni e dati oggettivi: ci aiuterà nel definire il piano sociosanitario».
La Lega sembra agitata sul fatto che il sindaco Ricci ha scelto di parlare con lei per dare i diktat sul futuro del nuovo ospedale di Pesaro decidendo localizzazione, modalità ed entrando a gamba tesa persino sull’organizzazione sanitaria con la difesa di Marche Nord. Il nuovo piano socio sanitario lo farà Acquaroli con la sua giunta o Acquaroli con il Pd?
«Non mi risultano mal di pancia con gli alleati.

Le interlocuzioni con Ricci sono il frutto di esigenze istituzionali e non di accordi partitici trasversali».

L’ex governatore Ceriscioli ieri vi ha criticato pesantemente su due aspetti: fate il masterplan prima del piano socio sanitario. E poi sul fatto che siete terrorizzati sulla sanità territoriale perché non sapete cosa sia.
«Terrore? Mi sembra una lettura fuori dalla realtà. Ceriscioli si ripassi gli ultimi 5 anni solo della sua provincia: hanno ridimensionato Cagli, Fossombrone, Sassocorvaro e a Urbino – esito di un incontro a cui ho partecipato la scorsa settimana - non ci sono i medici per fare i turni dal pronto soccorso».
Sulle opere prima della strategia?
«Il masterplan non arriva prima del piano socio sanitario ma risponde a esigenze politiche, procedurali e burocratiche. Con un voto così schiacciante come quello di settembre è evidente che la logica degli ospedali unici è stata bocciata dagli elettori, quindi intanto abbiamo bloccato i project financing che rischiavano di creare problemi legali e poi abbiamo fatto un atto consequenziale per tornare agli ospedale di rete e ridistribuire servizi sul territorio. Secondo, il masterplan non è un raccogliticcio dei fondi degli anni scorsi come dice Ceriscioli. Dentro ci sono anche i milioni del Pnrr che vanno messi subito a terra per gli adeguamenti sismici ed energetici sennò si perdono. Terzo, il modello di sanità da costruire implica una ricerca approfondita dei fabbisogni e io voglio capire il senso di Marche Nord: doveva frenare la mobilità passiva verso la Romagna? Lo ha fatto? C’è uno studio che certifica questo? A me non è chiaro, né vedo dati inequivocabili. Nel frattempo commissiono uno studio. Il fabbisogno non è di destra o di sinistra: su quello costruiremo il piano socio sanitario che integrerà tutte le esigenze».
I direttori generali della sanità sono da cambiare o vanno bene?
«Hanno un contratto, andremo avanti: è inutile ora aprire riflessioni. Come fai a valutare un manager in tempo di pandemia? Dobbiamo continuare a fare squadra. Il tema chiave è costruire il piano socio sanitario, aziende e direttori si declinano contemporaneamente ad esso. Approfitto per ringraziare tutti gli operatori della nostra sanità: sono stati straordinari in questo anno e mezzo».
La scelta di Mancini testimonial è stato un lancio eccezionale per il turismo e una scommessa vinta già dopo due mesi. Cosa ci sarà su questa scia?
«Mancini non è stato solo una questione di marketing per noi. Rappresenta l’orgoglio marchigiano, è l’emblema delle Marche che da regione piccola esprime sempre una grande eccellenza. Il citì azzurro ha raffigurato una realtà geografica spesso collocata in maniera non precisa e l’ha portata ai massimi livelli europei. Mancini porta un messaggio che va oltre il turismo: dà consapevolezza a tutta la nostra regione della sua forza. Gliene siamo grati. Poi vedrete la nuova Svem, l’agenzia del turismo molte altre cose sono in arrivo». 
Nella giunta regionale, se guardiamo l’esposizione mediatica l’uomo forte di Fratelli d’Italia sembra essere Guido Castelli. Non teme di finire nell’ombra del suo assessore ?
«Qui conta solo tradurre i progetti del programma in azioni e fatti. Su quelli saremo giudicati tutti a partire dal sottoscritto. Se una figura fa bene e porta valore aggiunto, che sia Castelli o qualsiasi altro assessore, io sono contento. Piuttosto sarei stato preoccupato del contrario».
Il caso-porto ha evidenziato quanto difficile sia cercare di cambiare un’impostazione che da 25 anni era appannaggio del centrosinistra. Un episodio o un paradigma? 
«Io collaboro con tutti quelli che guardano al futuro della regione in termini di competitività a condizione che ci siano ragionamenti scevri dall’ideologia, restando pratici su competenze e progettualità».
Però sul porto vi siete scontrati di brutto. Rischia di essere il menù dell’autunno caldo?
«Io avevo chiesto discontinuità e i fatti mi hanno dato piena ragione. Al ministro abbiamo chiesto figure competenti poi sapete come è andata a finire: abbiamo recuperato i soldi, qualcosa che evidentemente non funzionava, c’era. Ma ormai è una pagina chiusa, guardiamo avanti».
Con il governo Draghi le Marche hanno sbloccato diverse questioni sulle infrastrutture, a cominciare dal Pnrr, le Autostrade e appunto l’incremento delle risorse per i porti. Condivide il giudizio negativo sul governo Draghi della leader del suo partito Giorgia Meloni?
«Certo che condivido il giudizio del presidente Meloni: FdI riconosce l’autorevolezza di Draghi ma denuncia anche le scelte in continuità con Conte. Allo stesso modo condivido anche che nella Conferenza Stato-Regioni il governo centrale abbia sanato alcuni deficit che qualcun altro ha creato e per questo dialogo con tutti i ministri. Ma sono due livelli diversi».
Obiettivi per i prossimi 12 mesi?
«Ci servono da qui a ottobre altre leggi per fare bandi, costruire agenzie, mettere a terra progettualità. I temi chiave sono quattro: sanità, ricostruzione, infrastrutture e lavoro. E poi c’è la partita fondamentale dei fondi europei e del Pnrr. Abbiamo inaugurato un pezzo importante della Quadrilatero, il mio sogno è inaugurare la Guinza».


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