Roberta Salimbeni, insegnante a Fabriano: «Io, prof a casa da 3 mesi. Non faccio test né vaccino ma senza lavoro è dura. Ricevo minacce e insulti»

Roberta Salimbeni
Roberta Salimbeni
di Talita Frezzi
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Mercoledì 15 Dicembre 2021, 02:55

Roberta Salimbeni, prof di lettere alla scuola media “Gentile da Fabriano”, a Fabriano. Oggi scatta il vaccino obbligatorio a scuola, ma lei è una No vax convinta. Da quanto è a casa? 
«Sono tre mesi che non sto lavorando e sono senza stipendio. Questo anno scolastico non mi sono proprio presentata a scuola, sapendo che avrei comunque dovuto sottopormi a tampone e io mi rifiuto».

 
Come mai rifiuta anche un semplice tampone?
«Perché non sono attendibili. Ho avuto il Covid lo scorso anno a dicembre, proprio in questo periodo. Non ero all’epoca contraria al vaccino, né ai tamponi. Avevo tutti i sintomi tipici del Covid, avevo perso gusto e olfatto, forti mal di testa, febbre, congiuntivite. Mi sottoposi sia al tampone rapido che a quello sierologico, ed entrambi diedero esito negativo. Non ero convinta di quel risultato, per cui successivamente feci delle analisi per vedere gli anticorpi e li avevo altissimi. Era la conferma che avevo avuto il Covid. Quindi, andare a scuola sottoponendosi a un tampone inefficace è inutile».
Ne aveva parlato con il dirigente scolastico?
«Certo, avevo evidenziato che mi sentivo discriminata ingiustamente, anche perché a inizio anno scolastico un collega vaccinato era andato regolarmente a lavoro e non sapeva di essere positivo».
Da dove nasce questa sua diffidenza verso il vaccino?
«Mi sono documentata. Sono un’insegnante, non prendo le cose alla leggera. Ho ascoltato medici, scienziati, pareri diversi. E sentito informazioni contrastanti sul vaccino. Mi sono fatta una mia idea. Poi adesso l’80% delle persone è vaccinata eppure il Covid lo prende, quindi il vaccino non serve a contrastare il contagio».
Ha paura?
«Si, non lo nascondo. Anche perché questo vaccino deve essere somministrato a più richiami poiché ha una validità limitata. Ho accanto a me persone che dopo la profilassi hanno avuto problematiche gravi, certificate come conseguenti dal vaccino stesso e tuttora si stanno sottoponendo a terapie».
Però questo significa che non potrà lavorare.
«È doloroso rinunciare al mio lavoro, ai miei studenti. Ma mi assumo la responsabilità delle mie scelte, anche se sono senza stipendio e ho una famiglia da mantenere, due figli».
I figli, appunto. Per loro come si sta comportando? 
«I miei ragazzi hanno 12 e 15 anni, fanno attività sportiva sottoponendosi a tampone ma solo perché non voglio che subiscano il ricatto della socialità. Certo, non possono andare al cinema, nei ristoranti. Hanno delle limitazioni, ma per fortuna sembra che stiano accettando i sacrifici». 
Ci sono stati casi di minorenni che, contrariamente al parere dei genitori, hanno preteso il vaccino ed è intervenuto un giudice a stabilirlo. Se dovesse succedere anche a lei? 
«Spero tanto di no. Io li sto proteggendo come madre. Spero che i miei ragazzi capiscano tutti i sacrifici e le scelte che sto facendo anche per loro».
Cosa la rammarica di più in tutta questa situazione? 
«Non sono le limitazioni, ma l’odio sociale innescato. Noi no-vax siamo considerati dei portatori di morte, gente che ruba i posti letto in ospedale, untori. Ho ricevuto e ricevo insulti e messaggi di disprezzo per la mia scelta».

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