Giunta regionale, c'è chi sogna il Parlamento, ma il governatore non ci sta. Ecco chi pensa a candidarsi

Giunta regionale, c'è chi sogna il Parlamento ma il governatore non ci sta. Ecco chi pensa a candidarsi
Giunta regionale, c'è chi sogna il Parlamento ma il governatore non ci sta. Ecco chi pensa a candidarsi
di Martina Marinangeli
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Venerdì 22 Luglio 2022, 01:30 - Ultimo aggiornamento: 23 Luglio, 17:01

ANCONA Ormai è ufficiale: il 25 settembre si voterà per il rinnovo del Parlamento. E il terremoto romano scuote dalle fondamenta anche l’assetto politico marchigiano. Nubi nere che si addensano sui cieli di Palazzo Raffaello ed una mezza diaspora annunciata preoccupa il governatore Francesco Acquaroli, che starebbe valutando un piano per blindare la giunta. Le dimissioni del premier Mario Draghi ed il conseguente decreto per lo scioglimento del Senato e della Camera firmato ieri dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella hanno posto la definitiva pietra tombale sul governo delle larghe intese. Niente esecutivo tecnico che tenga le redini fino alla scadenza naturale della legislatura nel 2023: si andrà alle urne tra poco più di due mesi. Una deadline ravvicinata che impone una campagna elettorale flash e candidature da decidere a stretto giro di posta.


In fuga dalla giunta
Ma nei corridoi di palazzo il tema degli assessori regionali folgorati sulla via di Roma è caldo già da qualche settimana.

Che in diversi nella squadra scelta da Acquaroli nel 2020 per governare le Marche guardassero al Parlamento è cosa nota. E per quanto i diretti interessati abbiano cercato di tenere un profilo basso e di mascherare le ambizioni personali, il mistero su chi tenterà la volata verso la Capitale è ormai una sorta di segreto di Pulcinella. Il borsino della giunta dà le quotazioni più alte ai due assessori forti dell’esecutivo, ovvero - in rigoroso ordine alfabetico - Mirco Carloni, in quota Lega, e Guido Castelli, espressione di Fratelli d’Italia.


Il grattacapo
Entrambi punterebbero ad uno scranno di maggioranza in Parlamento in una legislatura che, almeno stando ai sondaggi, dovrebbe essere a guida centrodestra. Se davvero entrambi riuscissero a centrare l’obiettivo, per Acquaroli sarebbe un grattacapo non da poco: a parte il fatto che gestiscono deleghe pesantissime (Sviluppo economico ed Agricoltura il primo, Bilancio e Ricostruzione il secondo), hanno dimostrato la loro competenza sul campo e non sarebbe per niente facile sostituirli. La giunta ne uscirebbe estremamente indebolita a neanche metà mandato. Ma anche l’unica quota rosa dell’esecutivo, Giorgia Latini (Lega) starebbe provando a tornare in Parlamento, dopo aver lasciato il suo seggio a Lucentini nel 2020 per indossare i panni dell’assessora alla Cultura e all’Istruzione su espressa richiesta del partito. Rumors parlano di un patto con il segretario del Carroccio Matteo Salvini in virtù del quale sarebbe stata ricandidata a Roma quando ci fossero state nuove elezioni. Ed ora il momento è arrivato e potrebbe passare a riscuotere. Per settimane, i borsini avevano dato in lizza anche Filippo Saltamartini (di nuovo Lega), ma considerando che sta gestendo la partita più delicata di questa fase di governo regionale - la riorganizzazione della sanità - una sua “fuga” verso la Capitale sarebbe difficile da giustificare. Chiudono il cerchio gli assessori Francesco Baldelli (Infrastrutture) e Stefano Aguzzi (Forza Italia) che, almeno fino ad ora, non sono sembrati lanciati in questa corsa. 


La mossa del presidente
Fin qui, le ambizioni personali, che dovranno poi fare i conti con il taglio del numero dei parlamentari ed i posti ridotti al lumicino da contendere agli uscenti. Se desse retta ai suoi, Acquaroli si perderebbe mezza giunta per strada a due anni dal voto. Per questa ragione, il presidente sta valutando di inserire il freno a mano. Al suo cerchio magico avrebbe confidato di voler prevedere una regola semplice: chi dei suoi assessori si candidasse al parlamento e poi non risultasse eletto, non troverebbe più un posto in giunta ad attenderlo e verrebbe declassato a semplice consigliere. Se questo davvero scoraggerà le velleità capitoline dei suoi, è tutto da vedere.

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