Non chiamateli bulli, sono veri delinquenti. Da Ancona a Pesaro, da Fermo a Macerata: viaggio nell'escalation di aggressioni, violenze e rapine per mano di giovanissimi

Non chiamateli bulli, sono veri delinquenti. Da Ancona a Pesaro, da Fermo a Macerata: viaggio nell'escalation di aggressioni, violenze e rapine per mano di giovanissimi
Non chiamateli bulli, sono veri delinquenti. Da Ancona a Pesaro, da Fermo a Macerata: viaggio nell'escalation di aggressioni, violenze e rapine per mano di giovanissimi
di Maria Teresa Bianciardi
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Giovedì 16 Dicembre 2021, 02:00 - Ultimo aggiornamento: 14:36

ANCONA - Primo, non chiamiamoli bulli. Non lo sono quegli adolescenti da strapazzo che nelle Marche scatenano il panico fra i coetanei mentre entrano a scuola o nei luoghi di ritrovo, strappando di mano cellulari, estorcendo denaro o mandando all’ospedale il malcapitato di turno. Non sono bulli nemmeno quei gruppi di gioventù bruciata che spavaldamente organizzano sassaiole contro le vetrine dei negozi di Ancona, minacciano gli autisti degli autobus che tentano di far rispettare le regole o lanciano avvertimenti mafiosi ai genitori che difendono i propri figli. E non sono bulli quelli che da dopo il lockdown Covid hanno cominciato a spuntare come funghi, arroganti e violenti, prepotenti, aggressivi, senza paura: a Pesaro come a Fermo, a Macerata come ad Ascoli. Sfidano la legge e le forze dell’ordine, non si fermano nemmeno davanti a una divisa.

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L’identikit
La cronaca quotidiana racconta storie da far gelare il sangue nelle vene, tremano madri e padri con ragazzi tra la scuola media e le superiori. È questa infatti la fascia di età presa di mira da orde di giovani molto più delinquenti che bulli, influencer di violenza da mostrare con orgoglio sui social come fosse un trofeo, una medaglia da appendere alla felpa col dito medio alzato mentre un cellulare immortala l’attimo fuggente di una aggressività fuori controllo. L’identikit li accomuna: hanno tra i 15 ed i 17 anni, vestiti uguali - sneakers, cappellini, jeans strappati - e con la stessa spocchia, ma di etnie diverse: per la maggior parte infatti sono i cosiddetti italiani di seconda generazione, nati e cresciuti nelle Marche da genitori stranieri. Si vedono nelle foto che girano in questi giorni, immortalati nel compiere soddisfatti l’ennesimo reato. Altro che bullismo. Difficile girarsi dall’altra parte e fare finta che sia soltanto l’effetto temporaneo del disagio causato dalla pandemia. Andiamolo raccontare a Patrizia, mamma coraggio di Ancona che deve accompagnare tutti i giorni il figlio 17enne a scuola dopo la terza aggressione subita in piazza Ugo Bassi. 


Le storie choc
Proviamo a spiegarlo ai genitori di Chiara (nome di fantasia) selvaggiamente aggredita da un fantomatico bullo in pieno centro ad Ancona: ha rimediato una testata che l’ha spedita nel reparto Maxillofacciale di Torrette. Spieghiamolo anche alla famiglia pesarese che ha ritrovato su Tik Tok il video del figlio minacciato da un coetaneo mentre gli brandiva un coltello davanti al volto. Se si è fortunati, passata la paura si ritorna a vivere. In caso contrario succede come ad Angelica (altro nome di fantasia) e al suo fidanzato, oggi maggiorenni, che dal 2019 non sanno più cos’è la libertà. Sono stati presi a calci, pugni, bottigliate, durante una Notte Bianca e senza motivo apparente: la ragazza è finita all’ospedale con i polsi rotti. «Mia figlia è rimasta zoppa, dovrà operarsi di nuovo al ginocchio - racconta la mamma disperata- . Il fidanzato per lo stress accumulato ha perso i capelli, entrambi vanno da uno psicologo. Hanno dovuto lasciare Ancona, qua non ci metteranno più piede, hanno paura». La beffa delle beffe: qualche giorno fa si sarebbe dovuta celebrare la prima udienza del processo a carico di tre di loro (due napoletani e un tunisino) ma il processo è stato rinviato per un caso di Covid. «Mentre loro aspettano il giudizio organizzando il Capodanno in discoteca, mia figlia vive da reclusa». Altro che bullismo. Nelle Marche, secondo il report del ministero di giustizia, i centri di prima accoglienza per minori ha accolto nel 2020 il 50% di ragazzi italiani, il 25% era di origine marocchina e per il 25% croata. I delitti più frequenti commessi: furti (60%) e rapina (40%). I collocamenti nelle comunità private di minori e giovani adulti riguardano invece il 63% italiani, per l’11% cittadini del Marocco, del Congo (4%) e della Tunisia (4%). In questo caso i reati spaziano dalla rapina (20%) al furto (18%), dalle estorsioni (12%) alle lesioni personali (11%), agli atti persecutori (8%). Tra gli italiani, ovviamente ci sono anche i giovanissimi che parlano in slang marchigiano, nati e vissuti in regione ma con genitori stranieri. La misura principe nei procedimenti minorili è la messa alla prova, dove l’indagato sostiene un percorso educativo. Funziona? Secondo i dati marchigiani, no. In un caso su quattro infatti questo provvedimento ha dato esito negativo.
(1 - continua)
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