Giacometti, primario di Malattie infettive a Torrette: «Reparto pieno, per ogni dimissione c’è un paziente che viene ricoverato»

Giacometti, primario di Malattie infettive a Torrette: «Reparto pieno, per ogni dimissione c è un paziente che viene ricoverato»
Giacometti, primario di Malattie infettive a Torrette: «Reparto pieno, per ogni dimissione c’è un paziente che viene ricoverato»
di Martina Marinangeli
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Domenica 13 Dicembre 2020, 04:25 - Ultimo aggiornamento: 09:36

Dottor Andrea Giacometti, primario della Clinica di Malattie infettive dell’azienda Ospedali riuniti di Torrette, l’impressione è che la situazione dei ricoveri, benché ancora calda, si stia cristallizzando: è davvero così?


«Il nostro reparto è pieno: tutti e 20 i posti sono al momento occupati. È vero che ogni giorno riusciamo a dimettere uno o due pazienti, ma vengono rimpiazzati subito da altri del pronto soccorso. Forse c’è meno pressione rispetto a due o tre settimane fa, ma comunque non abbiamo letti vuoti».

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Il ricircolo è costante, insomma.
«Sì, esatto. Diciamo che siamo in equilibrio tra il nostro reparto e le altre aree Covid dell’ospedale: insieme riusciamo a gestire i ricoveri, però siamo tutti pieni».


Le condizioni in cui arrivano i pazienti sono migliori o peggiori rispetto all’inizio della seconda ondata?
«Attualmente, solo due pazienti hanno bisogno di essere visitati tutti i giorni anche dal rianimatore per decidere se possono restare da noi o se devono essere trasferiti in rianimazione.

Due su 20 non sono tanti. Nella prima ondata la metà dei pazienti erano in bilico. Il peso dell’impegno clinico, probabilmente, è un po’ inferiore, ma la situazione varia ogni giorno».


Rispetto alla prima ondata , c’è una maggior capacità di intercettare il virus prima che si traduca in severa malattia?
«Sicuramente: la diagnosi ormai la facciamo prima. Anche a domicilio e sul territorio ci si è organizzati meglio. Non facciamo più gli errori dell’inizio, quindi la maggior parte dei pazienti riusciamo a prenderla prima che diventi grave. Anche le terapie sono migliorate».


L’età media dei pazienti è variata tra prima e seconda ondata? 
«Nella prima ondata, erano praticamente tutti italiani e l’età media si assestava sugli 80 anni. Poi, il primo paziente della seconda ondata l’ho ricoverato il 2 agosto, dopo due mesi “Covid free”: tra agosto e metà settembre, l’età media è calata sensibilmente, scendendo a circa 50 anni. Questo perché avevamo ospitato 6-7 pazienti stranieri che lavoravano nei cantieri di Ancona ed abitavano in appartamenti super affollati. Erano tutti tra i 30 ed i 40 anni, cosa che ha fatto calare l’età media».


Ed ora?
«Direi sui 70-75 anni, un po’ meno della prima ondata».

La terza ondata dobbiamo aspettarcela?
«Io dico sempre: intanto vediamo se passa la seconda. Da fine agosto, il nostro reparto non ha mai avuto un letto vuoto. La seconda ondata non è passata: un po’ sta scendendo, ma vedremo che effetto avranno le vacanze e la riapertura delle scuole. Nei due mesi estivi in cui siamo stati praticamente senza pazienti, qualcuno al nord si era illuso che il virus fosse morto».


Se le vacanze di Natale le gestiamo male come quelle estive c’è il rischio che gli ospedali vadano in tilt? 
«In estate abbiamo davvero gestito male tutta la situazione, ma ora siamo più guardinghi. Credo che andremo meglio: più che un’enorme ondata, come sono state la prima e la seconda, avremo probabilmente delle “ondatine”, che ci porteremo dietro fino alla prossima estate».


E fino all’arrivo del vaccino.
«Bisognerà far vaccinare almeno 40milioni di italiani, ci vorrà tempo. Probabilmente tutta l’estate».


Lei è anche il coordinatore, a livello regionale, della sperimentazione sul plasma iperimmune per curare i pazienti Covid: come procede? 
«Ieri (venerdì per chi legge, ndr) il prof Menichetti di Pisa, che è il coordinatore nazionale dello studio, ci ha detto che il target è stato raggiunto: siamo arrivati ai 400 pazienti arruolati ed ora si passa alle valutazioni. Poi ci diranno se si deve proseguire o meno con questa terapia».


Nelle Marche com’è andata?
Tra Ancona (che coordina), Pesaro per Marche Nord e Fermo per l’Asur, in totale abbiamo trattato più di 100 pazienti. Il nostro timore era di finire il plasma in piena seconda ondata, ma per fortuna il numero dei donatori è risalito ed ora abbiamo altri 150 trattamenti pronti. I donatori sono stati più di 250: considerando che non si può donare il plasma se si ha più di 65 anni, direi che è andata molto bene. Vuol dire che quasi tutti i giovani hanno donato».

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