Il gelo delle Fondazioni sull'Alta velocità nelle Marche: «Progetto con costi fuori portata per noi»

Il gelo delle Fondazioni sull'Alta velocità nelle Marche: «Progetto con costi fuori portata per noi»
Il gelo delle Fondazioni sull'Alta velocità nelle Marche: «Progetto con costi fuori portata per noi»
di Andrea Taffi
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Giovedì 25 Marzo 2021, 09:52 - Ultimo aggiornamento: 09:54

Angelo Galeati, presidente della Fondazione Carisap e coordinatore delle otto fondazioni di origine bancaria delle Marche: ha letto del costo dello studio di fattibilità per l’Alta velocità? Sessanta milioni di euro, la Regione è alla finestra, con ogni probabilità per loro sarebbe un costo inarrivabile. Le fondazioni che dicono?
«Intanto facciamo una premessa. Quando parliamo di fondazioni di origine bancaria si scopre un mondo che spesso non è percepito correttamente. Le fondazioni nascono come detentrici del patrimonio delle banche del territorio. Ma è un patrimonio che si è affievolito nel tempo». 

Intende dire che mettere due o tre milioni di euro per fondazione sarebbe una concessione molto fuori dal seminato?
«Intendo dire che a prescindere dall’esiguità patrimoniale, tendenzialmente per statuto le fondazioni si devono occupare di terzo settore e di sviluppo economico. Spesso sono impegnate nel finanziare i corpi intermedi, sussidiari all’attività pubblica». 
Come a dire che le strade sono materia di altri.
«Voglio dire che mantenere i propri indirizzi statutari per alcune fondazioni è già un impegno gravoso. Riuscire a fare fronte comune per compensare un’esigenza pubblica e infrastrutturale, per questo mondo sarebbe troppo faticoso».
Svesta i panni da coordinatore delle fondazioni marchigiane. Le faccio la domanda come presidente della fondazione Carisap che con 270 milioni di patrimonio qualche mezzo in più lo avrebbe anche.
«Il metro di misura glielo fornisco aprendo il libro contabile delle nostre erogazioni. Nel piano triennale noi spendiamo tra 10/11 milioni di euro. Più della metà vanno al terzo settore, un quarto alla cultura, un quarto allo sviluppo economico del territorio. Ci troviamo molto lontani dal progetto, parliamo di numeri a tre cifre nell’ordine di grandezza dei milioni di euro. Che aiuto possono dare le fondazioni?».
Non ci sono solo quelle di origine bancaria. Ci sono quelle di origine familiare: quando si tratta di mettere insieme le forze questa regione proprio sembra non sentirci.
«Non faccio valutazioni politiche. Io mi sentirei in dovere, come priorità di questo momento, proprio di non abbandonare il terzo settore. Un ambito in grande difficoltà. Bisogna stare attenti su questo punto perché il ruolo delle fondazioni è molto delicato per quel tipo di mondo. Ci sono scenari non percepiti: parlo del raggiungimento degli ultimi, di inclusione sociale, di attività collaterali che sfuggono ai più. Il pubblico o non ha la sensibilità oppure proprio non ci arriva. Io sento la responsabilità di dire che prima viene la povertà, poi tutto il resto. Specie in questo momento storico».
Se i piccoli potentati non uniscono le forze certi risultati sono irraggiungibili.
«Se le nostre fondazioni avessero un potenziale diverso sicuramente un’unione di intenti poteva starci. Però le risorse sono terminate e le priorità sono altre. Come stakeholder del territorio, noi ci impegneremo a fare attività di lobby per fare pressioni sul governo centrale per un utilizzo maggiore delle risorse a livello comunitario».
Ma quando si parla di sviluppo economico, in senso lato...
«Guardi, faccio una considerazione personale. Un conto è progettare l’opera e un conto è farla. E se non si fa? Abbiamo bruciato 80 milioni? I soldi delle fondazioni derivano dai patrimoni delle casse di risparmio. Enti nati per raccogliere i risparmi, rigenerarli per impiegarli in prestiti e fare beneficenza. È una responsabilità che io sento tutta. Vent’anni fa poi venne la legge che decise di scindere gli scopi: le casse di risparmio da una parte, gli enti di filantropia dall’altra».
Insomma, non c’è proprio verso.
«La situazione è questa: i patrimoni delle fondazioni generano delle rendite che rappresentano i ricavi.

Tolti i costi operativi, le riserve e gli orpelli che lo Stato ci chiede, il resta va in erogazione. Molti enti oggi si stanno ristrutturando, tutti si stanno adoperando ma certi ordini di grandezza sono oggettivamente lontani».

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