Dall’estero al territorio il rientro delle imprese: chi aveva delocalizzato sceglie di tornare nelle Marche

Dall’estero al territorio il rientro delle imprese: chi aveva delocalizzato sceglie di tornare nelle Marche
Dall’estero al territorio il rientro delle imprese: chi aveva delocalizzato sceglie di tornare nelle Marche
di Véronique Angeletti
3 Minuti di Lettura
Giovedì 5 Gennaio 2023, 04:00 - Ultimo aggiornamento: 10 Marzo, 16:54

ANCONA Come back home del tutto o in parte, il processo di riportare le produzioni in Italia potrebbe essere il booster per l’economia marchigiana nel 2023. Il reshoring è un tema su cui discutono consigli di amministrazioni di importanti gruppi industriali e manifatturieri e impone alle Marche di riorganizzarsi. Forti segnali arrivano dal calzaturiero, settore collegato alla moda, che recepisce le scelte strategiche delle griffe che stanno riportando le produzioni in Europa e sono interessate all’Italia. 


La geografia

Di fatto al sud del Conero, le aziende cercano giovani da formare e inserire come tecnici specializzati. Valentino Fenni, il presidente della sezione calzature di Confindustria Fermo e vicepresidente nazionale Assocalzature, invita a leggere il tutto tenendo a mente le varie sfaccettature del settore. «Il nostro sistema - ricorda - è sempre più diviso in tre macro-tipologie: i grandi brand, che nelle Marche sono sempre più forti e hanno un loro peso sui mercati; le imprese fornitrici delle stesse griffe; le aziende con un proprio brand e produzione molto esposta ai problemi internazionali. Le dinamiche e i fabbisogni di queste tre tipologie hanno sì delle parti comuni ma sono differenti». Per Fenni, se si vuole intercettare il back home servono strategie chiare a livello politico che permettano al distretto di restare competitivo sul piano della sostenibilità da quella ambientale a quella economica, con una zona agevolata economicamente per chi investe. 

Lo studio

Il fenomeno è sotto la lente d’osservazione del Dipartimento di Management della Politecnica delle Marche che, sul tema, sta collaborando ad uno studio promosso dalla Camera di Commercio delle Marche in cui si ricorda che ad innescare il processo è stato il Covid-19.

La pandemia ha creato problemi di approvvigionamento e messo in evidenza che era possibile abbattere i tempi di consegna ma più di tutto, nonostante la passata delocalizzazione, ha dimostrato che esistevano ancora fornitori idonei in Italia. «Vantaggi – osserva il professore Valerio Temperini della Univpm – a cui si sono aggiunte altre consapevolezze come un elevato standard di qualità, competenze distintive uniche, che un paese poco democratico è instabile e non affidabile; od ancora l’impatto ambientale minore dei trasporti». Ma è nella sua conclusione che trasforma il reshoring in un driver per l’economia regionale. «Dobbiamo preparare i comprensori ad essere pronti ad intercettare le nuove richieste e a sostenere la competitività delle imprese facendo trovare infrastrutture, formazione, competenze e capacità di innovazione.

Gli obiettivi

E’ questo corredo che fa la differenza mentre le agevolazioni fiscali rendono tutti i territori uguali. L’internazionalizzazione – conclude – non è solo esportare ma anche saper attrarre investimenti dall’estero». Ancora più interessante il reshoring nel caso del gruppo Elica. Il leader globale nei sistemi di aspirazione in cucina, sette stabilimenti tra Italia, Polonia, Messico e Cina, 3mila dipendenti che ha, da sempre, «il cuore e la testa in Italia» poiché tutto il design è made in Italy ha messo la delocalizzazione al contrario al centro di un accordo al Mise tra azienda e sindacato raggiunto a dicembre 2021. La produzione delle cappe e piani aspiranti Nikola Tesla è stata trasferita dalla Polonia a Mergo, che è diventato un hub di prodotti dell’alto di gamma dove lavora un personale specializzato che ogni giorno produce tra 1600 e 2000 pezzi.

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