Le Marche (e i marchigiani) prigionieri della burocrazia. La rabbia dei sindaci delle zone del sisma

«Siamo come Don Chisciotte: ormai combattiamo contro i mulini a vento»

Esplode la rabbia dei sindaci del sisma: «Strangolati dalla burocrazia»
Esplode la rabbia dei sindaci del sisma: «Strangolati dalla burocrazia»
di Martina Marinangeli
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Venerdì 3 Marzo 2023, 04:45 - Ultimo aggiornamento: 4 Marzo, 07:20

«Ormai siamo come Don Chisciotte: combattiamo contro i mulini a vento». Lo sconforto dei sindaci del cratere per la situazione sospesa nel tempo che i borghi sfregiati dalle scosse vivono dal 2016, può essere racchiuso in queste parole del battagliero primo cittadino di Castelsantangelo sul Nera, Mauro Falcucci, che ammette con amarezza: «Ormai ci è rimasta solo la speranza, ma tra poco finirà anche quella».

Negli ultimi due giorni il Corriere Adriatico ha raccontato il calvario di chi, da quasi 7 anni, è costretto a vivere nelle casette a causa di una ricostruzione che si muove a passo di bradipo, strangolata dalla burocrazia. Ma non è l’unico aspetto che grida vendetta in questo quadro desolante. Oltre ai 1750 famiglie ostaggio delle Sae, ci sono anche 6356 i nuclei familiari - per 13.511 persone in totale - che ancora percepiscono il contributo di autonoma sistemazione, per una spesa mensile di 5,5 milioni di euro. Due elementi che restituiscono l’immagine plastica di una ricostruzione ancora al palo. 


Le voci


«Non ne possiamo più», sbotta Falcucci: «Con la ricostruzione siamo ancora in stallo. Ma bisogna fare dei distinguo: ci sono realtà come Accumuli, Castelsantangelo e Arquata del Tronto per i quali serve una procedura di ricostruzione diversa perché sono state rase al suolo». Va dritto al cuore del problema: «A Castelsantangelo sono quasi tutte seconde case di cittadini che, per ragioni di lavoro, si sono trasferiti. Dopo 7 anni, viene meno il collante con il territorio e se la ricostruzione non parte, non torneranno più». E mira ad alzo zero sui colli di bottiglia generati dalla burocrazia: «Le ordinanze speciali non lo sono state nelle procedure, di fatto ordinarie. Stendiamo un velo pietoso sul nulla fatto nei 4 anni prima dell’arrivo del commissario Legnini, grazie al quale la ricostruzione ha iniziato a muoversi. E confidiamo che l’attuale commissario Castelli, che conosce bene la situazione di questi luoghi, dia ulteriore impulso». 


Lo sconforto


 

La speranza, a cui ancora, nonostante tutto, si resta aggrappati. Ma la disperazione, mista a rassegnazione, inizia a serpeggiare in quegli splendidi borghi che mostrano ancora tutte le cicatrici del sisma. «L’abitudine a vivere nelle Sae non l’ha fatta nessuno - osserva il sindaco di Pieve Torina Alessandro Gentilucci -: è una questione di dignità e di rispetto che si deve avere nei confronti della popolazione.

Ridare la casa è un dovere. Le Sae avrebbero dovuto essere una soluzione temporanea di emergenza. Ma nel momento in cui l’emergenza diventa strutturale, le problematiche affiorano di giorno in giorno. Al Comune arriva un numero incredibile di segnalazioni».

A Pieve Torina, tutte le attività commerciali - ad eccezione di una - sono nei container, così come la sede del Comune. "Chiediamo che il Superbonus sia riattivato - l’appello della fascia tricolore - perché il contributo per ricostruire le case abbattute dagli eventi sismici è del 60% circa, quindo lo Stato non sta coprendo il 100%». E una cosa emerge con tutta evidenza: «Casa è casa», la sintesi del sindaco di Muccia Mario Baroni che racchiude in tre parole l’enormità del problema: «Le persone che ora vivono nelle Sae, non vedono l’ora di tornare. C’è poi chi si è assuefatto alla casetta, ma non è neanche giusto. Io sono il primo a non vedere l’ora di tornare a casa, che si trova dentro il centro storico ed è ancora inagibile».

Ad Arquata del Tronto, un altro dei Comuni più duramente colpiti dalle scosse del 2016, si è creato inoltre un problema nel problema che sa di paradosso. E a dettagliarlo è il primo cittadino Michele Franchi: «Contro i piani di recupero per ricostruire le zone perimetrate, ci sono stati alcune persone, non residenti di Arquata, che hanno fatto ricorso al Tar, pensando al proprio interesse piuttosto che a quello di una comunità che vuole solo rinascere. Come sindaci dei Comuni più colpiti, chiediamo due cose: la conferma del Superbonus e la stabilizzazione del personale per accelerare le pratiche».

Richieste di buon senso. Ma troppo spesso il buon senso si scontra con il muro della burocrazia. Storia diversa quella di Amandola: «Nel nostro Comune - spiega il sindaco Adolfo Marinangeli - non abbiamo il problema delle Sae perché facemmo la scelta di sistemare 46 appartamenti per ospitare gli sfollati. Inoltre, a fine 2022 sono stati completati i lavori di 30 appartamenti di social housing che verranno assegnati ad altrettante famiglie terremotate. Sei di queste sono ancora nel modulo di emergenza allestito dalla Protezione civile: una struttura utilizzata anche nel periodo della grande nevicata, quando è arrivata ad ospitare fino a 46 persone». Storie diverse ma unite da un unico filo conduttore: l’attesa di una rinascita che, per colpa di una ricostruzione mai partita, dopo 7 anni resta poco più di una speranza.

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