Urbinati candidato per il Terzo polo come capolista al Senato e nell’uninominale Marche sud: «Siamo noi l’unica proposta credibile»

Fabio Urbinati
Fabio Urbinati
di Martina Marinangeli
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Sabato 3 Settembre 2022, 06:05 - Ultimo aggiornamento: 09:33

Fabio Urbinati: lei è candidato, in quota Terzo polo, sia come capolista al Senato che nell’uninominale Marche sud, considerato ultrablindato per il centrodestra: come valuta le sue chance di entrare in Parlamento?
«Per quanto riguarda il plurinominale cominciano ad esserci buone possibilità. Sull’uninominale come sappiamo, il sistema elettorale premia le coalizioni. Ma essendo un appassionato di storia antica, ricordo che Alessandro Magno disse: “Nulla è impossibile per chi osa”. Con le dovute proporzioni, nella mia storia politica credo di aver dimostrato di non avere paura delle sfide complicate. Le mie candidature sono sempre state in salita». 

 
Il Terzo polo rappresenta l’incognita di questa tornata elettorale: un pronostico sul risultato alle urne?
«Il Terzo polo rappresenta la vera novità. I sondaggi degli ultimi giorni, per quel che valgono, danno segnali molto incoraggianti. Siamo certi di aver messo in campo un programma serio, semplice, credibile e soprattutto attuabile. Privo di proposte mirabolanti e i cittadini stanno capendo».


Vi presentate come alternativa sia al centrodestra che al centrosinistra, ma l’impostazione del vostro programma è più vicina a quella del Pd. Non rischiate di sottrarvi pezzi di elettorato a vicenda?
«No. Il nostro è un programma realizzabile. Nel centrodestra abbiamo una coalizione con tre programmi diversi e solo come riforme fiscali hanno fatto promesse che costerebbero al bilancio dello Stato oltre 120 miliardi di euro l’anno di spesa corrente; quindi favole.

Dall’altra parte vorrei capire come il Pd affronterà la drammatica questione energetica. Riusciranno a convincere Fratoianni e Bonelli? E mi fermò qui». 


In queste elezioni Politiche, l’asse del potere si sposterà da Pesaro al sud delle Marche, dove ci sono molti più candidati con buone possibilità di essere eletti. Da cittadino di San Benedetto, che segnale ci vede per la regione?
«Ho sempre pensato che quando ci si candida si deve avere una visione complessiva di ciò che si va ad amministrare. Sbagliato distinguere tra territori. Ma non voglio giudicare scelte altrui».


Cosa ne pensa del fatto che mezza giunta regionale prenderà la via di Roma? Meglio avere più peso nella Capitale o restare a presidiare il territorio?
«Mai successo che una giunta venisse smantellata dopo appena 22 mesi di governo. È una palese sfiducia verso il governatore Acquaroli, una fuga prima di essere sfrattati. Vergognoso poi che gli assessore candidati non si siano nemmeno dimessi dal ruolo, uno sfregio alle istituzioni».


Lei è stato capogruppo del Pd in Consiglio regionale. Poi ha deciso di lasciare quel ruolo per entrare in Italia viva: perché ha scelto di rompere con i dem marchigiani?
«Purtroppo il Partito democratico non è più quello che doveva essere. Nel 2020 avrei potuto candidarmi con il Pd ed avere un percorso molto più semplice. Ma ho preferito seguire le mie idee liberali e riformiste».

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