ANCONA - Lo strano caso dell’assessore regionale di Fratelli d’Italia e macchina macina voti che, anziché essere giocato come carta vincente nei collegi uninominali, rischia il declassamento nei listini. E, secondo qualcuno, magari neanche in posizione utile per l’elezione in Parlamento. Il soggetto in questione è Guido Castelli che, dopo 10 anni alla guida del Comune di Ascoli con percentuali quasi bulgare, alle Regionali 2020 risultò il secondo più votato nelle Marche, dietro solo a mr preferenze Andrea Biancani.
Uno che le sfide elettorali di solito le vince, insomma.
Le ragioni
La ragione addotta per la traslazione di Castelli ai proporzionali è proprio quella degli incastri tra quote rosa ed azzurre negli uninominali, ma la cosa risulta comunque strana. Tanto che, nei retroscena che circolano negli ambienti di centrodestra (e soprattutto in quelli di Forza Italia) si parla anche di un tentativo di ridimensionarlo - la sfida stravinta in un uninominale gli garantirebbe visibilità e potere contrattuale - così che, in caso venisse eletto, avrebbe meno possibilità di accampare pretese per ruoli di rilievo in una eventuale squadra di governo. La ratio sarebbe quella di toglierlo dalle luci della ribalta per metterlo sul fondo del palcoscenico a fare da arredamento. Che non sia particolarmente amato all’interno del partito regionale di FdI è cosa nota - sconta anche il fatto di essere uno degli ultimi arrivati, dopo anni in Forza Italia - e dunque non sorprende che qualcuno cerchi di rendere il suo viaggio verso Roma una corsa ad ostacoli.
Ma c’è anche uno scenario più oscuro che si presenta all’orizzonte di Castelli. Non solo una candidatura nel listino alla Camera, ma addirittura in terza posizione, dietro ad un big nazionale ed alla donna, tra Leonardi ed Albano, che non verrà candidata all’uninominale. Un posizionamento da sponsorizzare con la promessa che il big nazionale, candidato anche in altri collegi in giro per l’Italia, verrà fatto scattare in un’altra regione così da garantirgli lo spazio in Parlamento. Ma per quanto valore possa avere la parola data, il rischio che la promessa non venga mantenuta c’è. Far restare Castelli a Palazzo Raffaello significherebbe anche non indebolire troppo l’esecutivo regionale, fiaccato dalla diaspora degli assessori verso Roma. Ciò che pare certo, nel caso in cui FdI avesse realmente in testa un’operazione di questo tipo, è che tenere Castelli in giunta dopo una beffa del genere sarebbe come avere una belva assetata di sangue in gabbia. Non il massimo per il governatore e compagno di partito Francesco Acquaroli.
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