Bufera 5 Stelle, ma il Pd non sfonda. Mercorelli resiste: nelle Marche corre da solo

Bufera 5 Stelle, ma il Pd non sfonda. Mercorelli resiste: nelle Marche corre da solo
Bufera 5 Stelle, ma il Pd non sfonda. Mercorelli resiste: nelle Marche corre da solo
di Andrea Taffi
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Giovedì 20 Agosto 2020, 10:18 - Ultimo aggiornamento: 11:48

ANCONA - Non ci sarà l’alleanza giallorossa nelle Marche. Il candidato governatore dei grillini Gian Mario Mercorelli non si piega nella bagarre scatenatasi all’ultimo giro di rodeo per raffazzonare, a 48 ore dalla consegna delle liste, l’alleanza tra Pd e M5S in salsa nostrana.

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Ognuno per la sua strada e alla fine si faranno i conti: quel che è certo è che il 19 agosto segnerà a fuoco la campagna elettorale del centrosinistra dopo pressioni, colpi bassi e sgambetti (anche personali) in una giornata campale, quasi scombiccherata, vissuta più sui canali mediatici che non su riscontri effettivi di contatti e trattative al punto che sembra quasi si tratti del primo tempo di una partita molto più lunga di quella che si conclude sabato alle 12 con la consegna delle liste.
 

Il gioco di specchi che va avanti già da qualche giorno (le presunte trattative romane tra Crimi e Zingaretti) raggiunge l’apice con l’intervista al Fatto quotidiano del premier Conte che annuncia l’alleanza nelle Marche ma poi nelle dichiarazioni si leggono auspici, buone intenzioni e zero carne al fuoco. Al primo specchietto di Palazzo Chigi offre la sponda il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, già protagonista dell’inserimento nella sua giunta della grillina Frenquellucci («Conte ha ragione da vendere, le forze di governo si presentino insieme soprattutto in Regioni come le Marche»). 

Poi gli specchi iniziano ad andare in pezzi quando l’assessora comunale di Pesaro, ex M5S, Frenquellucci segue la scia del post dei consiglieri comunali di Pesaro della vigilia di Ferragosto («avevamo ragione noi: serve l’alleanza» avevano rivendicato). Si rivolge al facilitarore grillino delle Marche, Giorgio Fede che per tutta risposta aveva bannato i consiglieri comunali pesaresi M5S etichettandoli come disonesti. «Fede più che un facilitatore è uno che complica». Due le accuse: la prima di non allinearsi con la situazione di governo («Lei ha capito con chi è alleato il governo di cui facciamo parte?) e la seconda di avere poca penetrazione nelle Marche («Si è chiesto come mai su 20 comuni che andranno al voto da soli siete riusciti a comporre solo 2 liste?»). Nelle ore in cui Mercorelli chiama Crimi ottenendo l’ultima spinta per andare avanti («Ho chiesto cosa stesse succedendo, mi ha risposto che non c’è nessuna trattativa con il Pd» dice il candidato di Tolentino) si alza la contraerea grillina. È lo stesso Crimi che interviene («Le alleanze si fanno solo se ci sono le condizioni») ma il ministro Pd Boccia apre a pranzo lo scenario del secondo tempo della partita: «M5S risponda all’appello di Conte. Se questa risposta non dovesse arrivare - avvisa - sarà inevitabile la nostra richiesta, dove possibile, di voto disgiunto, perché se non si vota il candidato di centrosinistra vince la destra». 

Sottolineato che nelle Marche il voto disgiunto non esiste è a questo punto che si percepisce l’esistenza di un bersaglio più grande e allettante in questa partita fin qui miope e distopica: il Pd si dimostra il poliziotto buono che dopo aver fatto di tutto per creare l’alleanza da qui in poi può offrirsi come porto sicuro all’elettorato grillino che non vuole dare spazio al centrodestra. Siamo alle cannonate, questo è il verso bersaglio: il voto dell’antipolitica smarrita. Risponde l’ex ministro Toninelli: «Un modo offensivo di porsi. No alle imposizioni dall’alto». A cannonata risponde cannonata. Ma stavolta sono i franchi tiratori grillini. M5S di Jesi esce con una botta pesante contro Mercorelli e il gruppo dirigente marchigiano: «Dopo il voto del 14 agosto (su Rousseau gli iscritti M5S di tutta Italia hanno accettato le alleanze con i partiti, ndr), abbiamo predisposto una nota per i probiviri ed i vertici del partito per portare alla loro attenzione la forzatura politica di tutto il percorso imposto nelle Marche che ha condotto ad un gruppetto di candidati, incluso il candidato presidente, che appaiono svuotati di qualsiasi rappresentanza e/o legittimità politica. Via al simbolo alla lista delle Marche».

Ci risiamo: i cattivi sono loro, i buoni stanno da un’altra pare.

La pietra tombale la mettono in due a metà pomeriggio. La prima la parlamentare Agostinelli: «Finalmente le Marche hanno la possibilità di scegliere alle prossime elezioni regionali una persona con la schiena dritta!». La seconda è di Mercorelli in persona alle 16.40: «Conte dice cose comprensibili e sono d’accordo con lui in linea di principio». Parla di un dibattito surreale Mercorelli, per un motivo chiaro: «Conte non è al corrente di quello che succede sui territori. Il Pd non ha avuto alcuna elasticità nei mesi scorsi né sui punti programmatici né sui personaggi, proponendo la replica del presidente uscente. La discontinuità sarebbe stata accolta in maniera differente, ma Mangialardi nelle Marche ed Emiliano in Puglia ci sono stati proposti come intoccabili e inamovibili. Non ci sono i presupposti per allearsi». 

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