Le Marche scivolano a Sud? Il coro di sindaci e imprenditori: «Ben vengano gli aiuti, ma no all'assistenzialismo»

Le Marche scivolano a Sud? Il coro di sindaci e imprenditori: «Ben vengano gli aiuti, ma no all'assistenzialismo»
Le Marche scivolano a Sud? Il coro di sindaci e imprenditori: «Ben vengano gli aiuti, ma no all'assistenzialismo»
di Martina Marinangeli e Massimiliano Viti
9 Minuti di Lettura
Giovedì 8 Aprile 2021, 09:00 - Ultimo aggiornamento: 11:34

La sveglia è arrivata. Dopo tante statistiche ecco il quadro generale che unisce i punti e racchiude la nuova fotografia delle Marche: un secondo Mezzogiorno, insieme all’Umbria. Con queste parole gli studiosi della Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno hanno sintetizzato gli indicatori degli ultimi dodici anni che documentano un calo demografico che va oltre il saldo negativo tra mortalità e natalità, un crollo del Pil (25% in Umbria e 18% nelle Marche) negli ultimi 13 anni e una situazione occupazionale preoccupante. L’assessore regionale al Bilancio Castelli : «Serve una rappresentanza politica sul tema, ci diano i soldi e le agevolazioni che ha il Sud».

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Le 6 domande del Corriere Adriatico:

1 - Lei si sente industriale/sindaco del secondo Mezzogiorno d’Italia?
2 - Teme si possa scivolare ancora più giù?
3 - Si potrebbe per qualche anno chiedere lo stesso pacchetto di sgravi e agevolazioni che ha il Sud?
4 - Sarebbe un vantaggio essere assimilati alla clausola che dà precedenza al Meridione per la decontribuzione al 30%? In pratica, se in Italia il costo unitario del lavoro è 25 euro all’ora, la riduzione degli oneri previdenziali che gravano sul salario lordo di un dipendente lo porta a 15 euro
5 - Non teme l’effetto Cassa del Mezzogiorno? Quando l’Ascolano perse quello scudo protettivo entrò in una crisi profondissima 
6 - Agevolando si sgonfia la capacità competitiva di un sistema?

MASSIMO SERI
Sindaco Fano

«Rinascita a doppio binario tra sostegni e progettualità»

1 «Mi sento marchigiano, e non è una questione di latitudine. Piuttosto, di sviluppo e di crescita, e nelle Marche ci sono le condizioni per consentire una ripartenza ed una rinascita».

2 «L’unico rischio per noi è bloccarci, rimanere al palo. C’è un Nord con gli strumenti ed una forza economica che hanno resistito anche in questa fase, e c’è un Sud con le sue debolezze, ma che avuto nel tempo sempre attenzione ed aiuti». 

3 «Sì, perché può essere uno strumento importante. L’elemento di difficoltà delle nostre imprese è quello della liquidità, che dà respiro. Ma chi si ferma all’aiuto, è perduto. Invece, quando lo si accompagna ad altri tipi di investimenti, fa la differenza. I limiti del nostro sistema produttivo sono noti da anni: specializzazione in settori maturi, scarso supporto di un’adeguata rete di servizi, bassa managerializzazione delle imprese, carenza di infrastrutture. Ed anche sul fronte della ricerca e dello sviluppo tecnologico non siamo messi bene: già nel 2011 l’Università Politecnica delle Marche collocava la Regione tra gli ultimi posti per presenza di istituti pubblici di ricerca e in evidente ritardo su spesa per addetto in RST rispetto alle principali regioni di riferimento del Centro Nord. Le nostre imprese sono di piccole dimensioni, le società quotate in borsa si contano sulle dita delle mani». 

4 «Gli sgravi sul costo del lavoro sono importanti in chiave competitiva, come lo sono le competenze delle risorse umane. Nella nostra regione prevalgono settori tradizionali a bassa intensità di capitale e bassa produttività del lavoro: se vogliamo attrarre investimenti dobbiamo mettere in campo anche lavoratori qualificati, quindi un sistema di formazione adeguato, in grado di accompagnare i giovani che si affacciano per la prima volta al mondo del lavoro e di rimettere nel circuito chi il lavoro lo ha perso».

5 «La differenza sta proprio lì: se si percepisce come aiuto assistenziale, il rischio è quello di fare la fine del Mezzogiorno. Serve un doppio binario, dunque: un aiuto ad affrontare questo periodo di crisi, affiancato però ad una progettualità strategica che guarda lontano». 

6 «Nelle Marche c’è un terreno fertile che sa reagire se gli si danno gli strumenti appropriati.

Chi ha responsabilità amministrative, ad ogni livello, deve avere il coraggio di esplorare strade nuove. Del resto, le tracce si lasciano su terreni mai battuti prima».

GIANFRANCO TONTI 
Presidente IFI Spa Tavullia (Pu)

«Basterebbe il cuneo fiscale a spingere le nostre aziende»

1 «No, non mi sento un industriale del secondo Mezzogiorno d’Italia, ma un imprenditore che ha davanti una grande sfida».

2 «Temo che alcune difficoltà possano persistere ed aumentare. Ma non vale solo per le Marche: oggi in tutta Italia l’economia si trova in una situazione complessa. È un Paese che non cresce da 20 anni». 

3 « Credo che lo Stato non debba dare denari ma, attraverso il credito d’imposta, permettere agli imprenditori di non pagare le tasse – che sono molto pesanti – quando sostengono costi di innovazione trasversale (nel prodotto, nei servizi, nel digitale ed in altre tecnologie, in particolare l’Iot). Anziché un pacchetto di sgravi ed agevolazioni, è fondamentale che lo Stato dia questo tipo di appoggio, soprattutto per le piccole e medie imprese. Eventuali vantaggi e maggiori ristori dovrebbero essere assegnati a tutti quegli imprenditori che più hanno sofferto questa pandemia».

4 «Parliamo di cuneo fiscale da anni: basterebbe che venisse avanti questa misura, e non solo nelle Marche ma anche nel resto d’Italia. Il costo del lavoro risente ancora troppo di quello che è il costo dello Stato, mentre così ci sarebbe un incremento delle entrate che potrebbe mettere in ulteriore movimento la propensione ai consumi ed agli investimenti da parte delle persone». 

5 «Mi rifiuto di parlare di Cassa del Mezzogiorno. Ciò che dobbiamo fare è portare nelle imprese le conoscenze che ancora non abbiamo. Le aziende hanno iniziato a modificarsi completamente: bisogna che metabolizziamo bene questa trasformazione. Si deve cercare, attraverso consulenti specialistici, di apprendere in ogni materia ciò che oggi non sappiamo. Potrebbero essere le associazioni di categoria ad organizzare momenti per mettere a fuoco i problemi di cui soffrono i loro associati. Anche loro devono cambiare pelle, ancor di più quando usciremo da questa crisi pandemica, alla fine della quale potremmo conoscere anche un’interessante ripresa». 

6 «Il punto è che c’è bisogno di interventi mirati, altrimenti non servono a niente. Far pagare meno questo o quell’altro non risolve il problema del mettere a punto una nuova impresa capace di navigare nei mercati che abbiamo davanti».

PASQUALINO PIUNTI
Sindaco San Benedetto del Tronto

«Sindaco di una città di serie A, non dobbiamo restare indietro»

1«Sono sindaco di una città dinamica, apprezzata per l’elevata qualità della vita, per i servizi erogati e per la bellezza del territorio. Mi sento un sindaco di serie A. Gli imprenditori di San Benedetto, per la loro tenacia e capacità di fare, sono da considerare degli eroi in questo momento storico condizionato dalla pandemia». 

2 «No. È compito della politica non scivolare più giù. Il progetto per lo sviluppo economico della nostra città si deve integrare con il sistema Paese. Sarà nostro compito intercettare le nuove opportunità offerte dall’Unione Europea per far decollare non solo il settore turistico, ma tutto ciò che il territorio offre. La nostra comunità regionale non deve rimanere indietro. Dobbiamo essere aperti ai nuovi progetti imprenditoriali, in particolare quelli a favore dell’occupazione giovanile, del turismo e della tutela dell’ambiente». 

3 « La sfida dell’Italia e, non solo della nostra regione, deve essere di aumentare la produttività del lavoro. Ben venga la riduzione del costo del personale delle aziende con la decontribuzione o le agevolazioni finanziarie, ma tutta la nazione deve procedere con una politica industriale volta a far aumentare la domanda internazionale dei nostri beni e servizi». 

4 «È inconcepibile che il costo del lavoro sia così alto per le imprese ed il salario netto sia così basso per il dipendente. Vanno rivisti questi meccanismi. La produttività del lavoro va incrementata e lo Stato dovrebbe intervenire nel breve periodo con le decontribuzioni, ma nel lungo periodo con delle agevolazioni finanziarie o crediti d’imposta per l’innovazione». 

5 «Non possiamo più parlare di Cassa del Mezzogiorno. La nostra zona, prima della pandemia, era già in crisi. Ora dobbiamo attuare in fretta misure eccezionali, ma nel lungo periodo dobbiamo pensare ad un sistema premiante per l’imprenditore che vuole innovare e per chi vuole investire nell’economia delle tradizioni. Abbiamo delle caratteristiche che tutto il mondo ci invidia». 

6«Si deve agevolare per potenziare le capacità di un territorio, non per competere con altri sistemi. Il nostro sistema è unico: non abbiamo competitor, se è ben conosciuto. Dobbiamo solo creare le condizioni perché un territorio non rimanga indietro».

GABRIELE MICCINI
Ceo Giessegi Appignano (Mc)

«Basta con i contributi a pioggia bisogna stimolare le imprese»

1 «No, neanche lontanamente». 

2 «Penso che anche l’Italia abbia comunque perso molto Pil. Le Marche arrivavano da decenni in cui aveva prosperato il modello di business “piccolo è bello”, che è andato in crisi quando sono cominciati ad arrivare i prodotti di importazione a basso costo. Si può scivolare ancora? Certo! Con la pandemia in atto e i negozi chiusi non vedo come potremmo recuperare. E in questa situazione le piccole imprese marchigiane e umbre sono ancora più penalizzate perché oggi se non sei un’azienda medio o grande fai più difficoltà ad affrontare le sfide di mercato perché non hai risorse sufficienti». 

3 «No. Il Sud ha avuto anni di agevolazioni e contributi ma, di fatto, non è mai risorto. La storia ce lo insegna. Sono contrario ai sostegni e contributi a pioggia. Sono soldi sprecati. Vengono danneggiate le imprese più virtuose.Se mi arrivano soldi perdo tutti gli stimoli per portare la mia azienda al più elevato livello di competitività possibile. Anche il terremoto, pur nella sua tragedia, offre una occasione di ricostruzione. Poi però la gestione pubblica quasi mai si è rivelata efficace». 

4 «Sono per una detassazione equa per tutte le imprese, allo stesso livello. Il costo del lavoro deve essere ridotto per tutti. La decontribuzione al Sud crea concorrenza sleale all’interno dell’Italia». 

5 «Assolutamente sì. Effetto Cassa del Mezzogiorno non ha colpito solo l’Ascolano ma tutto il Sud dove ci sono progetti aziendali incompiuti, attività finanziate solo con i soldi pubblici, una volta terminati i quali, l’azienda ha chiuso i battenti. Ritengo sia meglio rivedere tutto il sistema e l’apparato pubblico. Dare poche regole, certe e indiscutibili. Ora ne abbiamo talmente tante che è come non averle perché c’è sempre il cavillo che una parte o l’altra trova.». 

6«Certo che si sgonfia, è ovvio. Se arrivano soldi pubblici l’imprenditore si dà meno da fare su come poter rendere la sua azienda sempre più competitiva. Lo stimolo invece arriva quando ogni mattina ti svegli e pensi a come poter diventare più bravo del tuo competitor. E da questo sistema trae benefici tutto il sistema economico. Speriamo che i soldi del Recovery Fund non finiscano tutti per agevolazioni e decontribuzioni solo per alcuni territori e alcune imprese».

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