La sveglia di De Rita: «La carenza di infrastrutture non sia un alibi per l'economia delle Marche»

La sveglia di De Rita: «La carenza di infrastrutture non sia un alibi per l'economia delle Marche»
La sveglia di De Rita: «La carenza di infrastrutture non sia un alibi per l'economia delle Marche»
di Massimiliano Viti
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Venerdì 19 Giugno 2020, 09:39 - Ultimo aggiornamento: 09:59

ANCONA - «Carenza di infrastrutture nelle Marche? Sicuramente, ma spesso diventa un alibi che andrebbe trascurato per pensare a come inserire il sistema marchigiano nelle filiere internazionali. Questa è la vera innovazione». Giuseppe De Rita, sociologo, anima e presidente del Censis, 88 anni tra un mese, è tranchant nell’osservazione dell’economia marchigiana e nell’evidenziarne i difetti, alcuni dei quali retaggio di un fortunato passato che il sistema regionale fa fatica a scrollarsi di dosso. 



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De Rita, ospite della Camera di Commercio delle Marche in un collegamento webinar, ha affrontato in particolare la questione del gap infrastrutturale lamentato dalle Marche: «È un problema di infrastrutture o di meccanismi psicologici della realtà locale? È vero che mancano le infrastrutture ma le integrazioni ci sono sempre state. Credo sia un problema di cultura complessiva dell’imprenditore marchigiano che preferisce una realtà compatta da guidare e non una realtà diffusa».
 
In particolare, sottolineando i progressi compiuti negli anni scorsi nel collegamento tra Umbria e Marche, il presidente del Censis ha osservato come questi non siano ancora riusciti a «innervare la germinazione di una dinamica economica. Sembrano ponti e non strutture di connessione». 
«Trascurare il discorso»
Ecco che De Rita suggerisce di «trascurare il discorso degli alibi infrastrutturali» per pensare ad altro. E la lista degli argomenti è piuttosto corposa. La prima domanda che si pone il sociologo è: qual è il modello economico delle Marche? Esiste ancora? Per De Rita vale la pena di prendersi un mese per sottoporre le Marche a uno stress test e fare una «revisione della macchina che dobbiamo guidare». Altra domanda: «Piccolo è bello è ancora valido?». In generale no. Prendendo come esempio Merloni che per diventare grande è stato costretto a uscire dalle Marche, De Rita fa notare che: «Se le piccole imprese vanno in cerca di un livello di complessità superiore devono uscire dalle Marche». Ma il tema centrale non è tanto piccolo o grande quanto la capacità di essere connessi con la filiera internazionale da cui attingere dei servizi migliori, una gestione tecnologia più adeguata ma anche una maggiore capacità di penetrazione sui mercati. In pratica tu puoi fare il prodotto migliore e più bello del mondo ma se non entra nel circuito di filiera la sua qualità resta fine a se stessa.
I passi da compiere
E in questo discorso l’imprenditoria marchigiana ha ancora dei passi da compiere, secondo De Rita. Un sistema consapevole di essere forte ma che soffre di isolamento. Ed è qui che il presidente del Censis ravvisa la vera innovazione da cercare: la gestione della filiera. « Credito di filiera, non a caso - ha spiegato il presidente della Camera di commercio delle Marche Gino Sabatini - sarà il tema al centro del nostro prossimo incontro formativo con UBI Banca, e se il Covid-19 ci ha portato distanziamento sociale noi rispondiamo con la rete, le piattaforme collaborative e forme di digitalizzazione intelligenti e condivise». E guai a parlare di distretti: «Sono finiti - riprende De Rita - nel 2000 con la globalizzazione, quando l’innovazione è diventata più importante della specializzazione. Oggi sono un monumento della cultura della specializzazione» dichiara De Rita che parla anche di territorio, della costa «una grande piattaforma regionale da gestire che crea compattezza e regge il sistema» ma che soffrirà di più nel post Covid-19 e non sa cosa farà da grande. E dell’entroterra che: «Da debolezza può trasformarsi in punto di forza perché più appetibile in una nuova cultura “green”». 
Bene l’accorpamento
Infine un pollice alzato per la Camera di Commercio che ha fatto bene ad unirsi per una progettualità regionale e un pollice verso per il progetto Shoes Valley definito «già passato».

Un’idea romantica ma che si scontra con la globalizzazione perché, ripete De Rita: «Non credo più nella dimensione territoriale. Bisogna inserirsi in dinamiche extraterritoriali».

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