ANCONA - Era tutto previsto. A leggere tra le righe dell’ultimo rapporto di Bankitalia, la mannaia del caro-bollette incombeva da tempo, almeno dai primi mesi del 2021, sul destino del made in Marche. «L’aumento dei costi energetici - mettevano nero su bianco, lo scorso giugno, gli esperti della costola dorica di Palazzo Koch - potrebbe penalizzare in modo rilevante l’industria regionale». La logica della loro previsione: «Qui i settori ad alta intensità di utilizzo di elettricità sono superiori d’un punto percentuale alla media nazionale: 9,7% contro l’8,7%». L’affermazione si agganciava a rendiconti annuali sul 2021 alla voce: “L’esposizione delle economie regionali al rincaro dei prezzi delle materie prime energetiche”. Non sfuggono al fato infausto carta, gomma e materie plastiche, elettrodomestici.
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Il pessimismo
La nota d’accompagno non faceva ben sperare: «Qualora quei costi persistano fino alla fine dell’anno sui livelli elevati raggiunti al momento della rilevazione, le aziende hanno segnalato come principale strategia di risposta un aumento dei valori di vendita dei propri beni». Il pessimismo era dichiarato: la metà degli imprenditori intervistati pronosticava una contrazione del fatturato e degli investimenti.
L’impatto
Sì, era proprio tutto previsto. Nella terra orlata di Adriatico, a fine del 2021, l’effetto diretto dell’incremento dei prezzi dei beni energetici, e di quelli importati sui costi di produzione del settore privato non finanziario, era stato pari al 2,9% rispetto a dodici mesi prima. Considerando le relazioni di filiera, l’impatto complessivo saliva al 4,9%, superiore a quello medio nazionale, che si assestava a quota 4,6%. Il manifatturiero era la specialità più colpita. Fortunatamente, la moda aveva ammortizzato il colpo: aveva risentito in misura meno intensa sia dei rincari dei beni energetici sia degli altri beni intermedi provenienti dall’estero. Si deve tuttavia fare una considerazione: molti di questi aumenti non sono stati causati dalla scarsità dell’approvvigionamento e non sono legati all’attualità dell’attacco russo all’Ucraina. Sono stati generati piuttosto da grandi acquisti fatti da player internazionali: con i contratti futures si impegnano a comprare oggi per influenzare l’offerta domani. Certo, il fattore emozionale del conflitto esalta le manovre finanziarie, le speculazioni. Infervora quei movimenti che risalgono ad anni fa. Era tutto previsto.
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