Disoccupati a quota
oltre ottantamila

Disoccupati a quota oltre ottantamila
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Giovedì 28 Agosto 2014, 18:32 - Ultimo aggiornamento: 29 Agosto, 15:55
ANCONA - Effetti collaterali da controesodo. Al rientro dalle ferie per i 43 dipendenti della King srl di Fano un’azienda specializzata nella lavorazione di acciai inossidabili per la componentistica navale i cancelli erano aperti, ma nei capannoni non c’era pi corrente elettrica per avviare i macchinari. Effetti di recessione continua. Per tornare alla cronaca, sembra che la proprietà della King abbia disdetto i contratti di fornitura elettrica e non intenda riprendere la produzione. Effetto del tasso di disoccupazione che è al 12.7%, contro il 4.7% del 2008. Per restare sul caso, emblematico, di Fano le rappresentanze sindacali di Fiom-Cgil e Fim-Cisl hanno tentato di contattare la proprietà, inutilmente. Solo un granello di polvere in un universo che rischia d’infiammarsi e di bruciare le aspettative di ripresa: i disoccupati sono 82.000, nel 2008 erano appena 32.000. E sono le nuove generazioni a pagare il prezzo più caro: il tasso di disoccupazione dei giovani (15-29 anni) è del 25,2%, contro il 10.2% del 2008. I Neet - coloro che non sono impegnati nel ricevere un’istruzione o una formazione e che non hanno un impiego né lo stanno cercando, sono il 20,5%. Nel 2008 erano il 13.3%.



“La recessione continua - ribadisce Stefano Mastrovincenzo, leader regionale della Cisl - L’Europa deve superare l’austerità e il governo non può fare da solo perché la politica non basta a se stessa e deve concentrarsi, prima di ogni altra cosa, su azioni che favoriscano sviluppo e occupazione”. Il segretario sintetizza il da farsi in tre mosse. Prima: “Gli imprenditori, quelli che possono e ce ne sono, devono avere coraggio per investire e assumere”. Seconda: “Le amministrazioni locali devono avere lo stesso coraggio e associarsi per razionalizzare le spese e qualificare i servizi ai cittadini”. Con l’ultima mossa Mastrovincenzo si muove nel suo: “Come sindacato dobbiamo avere ancora coraggio e proporre azioni di welfare che affrontino le vulnerabilità e azioni contrattuali innovative che favoriscano occupazione competitività e qualità nelle imprese”. E se la costante è l’audacia, la necessità è quella di rimettere in moto ingranaggi arrugginiti da anni di mancata ripresa. Il tasso incalza: quello dell’occupazione è al 61.5% contro il 64.7% del 2008. Effetti devastanti. I numeri non concedono tregua: considerando le realtà produttive più grandi (le aziende con oltre 40 dipendenti) sono almeno 90 le vertenze aperte nelle Marche. Qualche nome a memoria: Sicc, Gruppo Ferretti, Berloni, King, Teuco, Coalac, Sadam, Ip Industries, Bontempi, Am Cylinders Ghergo Group. Quel che resta dei pilastri di una terra che fece modello - produttivo - motto (con la formula di merloniana memoria “lo sviluppo senza fratture”) e tendenza, perché all’origine del made in Italy c’è la spontaneità del made in Marche. E sotto le rovine dei grandi ancora macerie: sono la miriade di vertenze che coinvolgono le aziende più piccole. Un dato impossibile da monitorare - per eccesso di ribasso delle dimensioni - che tuttavia alimenta il “buco nero” della disoccupazione, col tasso che lievita. Macerata, per esempio, è stata costretta ad archiviare il 2013 con un 13,1%, infilando un record regionale e personale del tutto negativo considerato che nel 2012 viaggiava sull’8,2%. Ancona e Ascoli, sempre nel 2013, erano tra l’11,5 e l’11,4%, Pesaro-Urbino al 9,8% e Fermo all’8,3%. Variazioni di crisi. E’ di pochi giorni fa il nulla di fatto tra Cooperlat, Regione e sindacati. Una triangolazione attraverso la quale s’è tentato di far desistere l’azienda a trasferire tutti i dipendenti ascolani a Jesi. Il mercato detta le condizioni: il latte fresco non tira più. È l’ennesimo smottamento dell’occupazione.





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