Primo caso in Italia di variante newyorkese, scoperta e isolata a Torrette. Il virologo Menzo: «Forse più resistente al vaccino»

Primo caso in Italia di variante newyorkese, scoperta e isolata a Torrette. Il virologo Menzo: «Forse più resistente al vaccino»
Primo caso in Italia di variante newyorkese, scoperta e isolata a Torrette. Il virologo Menzo: «Forse più resistente al vaccino»
di Stefano Rispoli
4 Minuti di Lettura
Giovedì 25 Marzo 2021, 08:30 - Ultimo aggiornamento: 16:03

ANCONA  - La variante newyorkese è tra noi. Per la prima volta in Italia è stata individuata e isolata ad Ancona nel laboratorio di Virologia dell’ospedale regionale di Torrette. I campioni molecolari, sottoposti a sorveglianza epidemiologica nel reparto diretto dal professor Stefano Menzo, erano stati prelevati nei giorni scorsi da due pazienti del Pesarese (capoluogo ed entroterra) che ora sono in isolamento domiciliare e, pur sintomatici, non hanno avuto bisogno di cure ospedaliere, quindi non sono gravi e uno è già in lista per il secondo tampone. 

LEGGI ANCHE

Zona rossa e arancione, nuovo decreto Covid: stop spostamenti e colori, ipotesi proroga divieti a fine aprile. Nodo scuola

LEGGI ANCHE

Record di ricoverati a Pesaro, la curva dei contagi non scende. E c'è anche la variante di New York: 2 positivi


I pazienti 1 e 2 - un uomo e una donna - sono in isolamento da prima del 18 marzo, non hanno avuto contatti tra loro, ma da parte dell’Asur è in corso il tracciamento per ricostruire la rete delle persone con cui sono entrate in relazione nell’ultimo periodo. La mutazione è stata individuata dal laboratorio di Virologia grazie al sequenziamento nucleotidico della proteina Spike del Coronavirus. Confrontata con la banca dati internazionale, gli esperti hanno scoperto che si tratta della stessa variante identificata a New York nel novembre scorso, a cui era stato attribuito il nome di “B.1.526” e che si è diffusa gradualmente, fino ad arrivare in Italia, anche se fino a ieri non era mai stata individuata e descritta nel nostro Paese. 

La variante in questione sta rapidamente circolando nel cuore di Manhattan, dove rappresenta il 12% dei contagi.

Si caratterizza per una mutazione E484K che insiste sul sito di legame con il recettore insieme ad altre cinque mutazioni aminoacidiche presenti sulla proteina Spike. Se sia resistente o meno ai vaccini attualmente in circolazione è ancora presto per dirlo, ma il sospetto è che possa evadere la risposta neutralizzante. «Il vaccino in teoria potrebbe avere una minore efficacia su questa variante - spiega il dottor Menzo -, così come si è visto su quella sudafricana, considerata la più resistente agli anticorpi». Variante che era stata isolata, sempre dalla Virologia di Torrette, a inizio marzo, dopo il caso della 23enne di Ascoli risultata positiva al rientro da un viaggio di lavoro in Svezia e ricoverata all’ospedale di San Benedetto in gravi condizioni.

«Non ci sono evidenze scientifiche, tuttavia quando abbiamo analizzato la variante sudafricana abbiamo rilevato che i sieri delle persone vaccinate e convalescenti sono poco efficaci nel neutralizzarla - continua Menzo -. La mutazione E484K individuata nella variante newyorkese, che presenta in totale 6 mutazioni sulla proteina Spike, è simile a quella delle varianti sudafricana e sudamericana. La stessa mutazione, infatti, si può trovare in più varianti del virus, un fenomeno spiegato dalla teoria della convergenza evolutiva».

Di varianti si parla tanto e a sproposito. «Tecnicamente, con questo termine si dovrebbe far riferimento ai virus che hanno un notevole numero di variazioni rispetto ad altri prototipici e che sono capaci di scatenare epidemie autonome - spiega Menzo -. La variante newyorchese che abbiamo osservato rientra pienamente in questa definizione perché è già stata studiata e sta conducendo una sua particolare epidemia nel continente americano, dal quale si sta diffondendo nel mondo». In merito all’aggressività e alla trasmissibilità del virus che fa tremare la Grande Mela è impossibile, per ora, fare valutazioni precise. «Si sta diffondendo abbastanza lentamente - spiega il professor Menzo -, non sappiamo quante persone sono state contagiate da noi perché lavoriamo su campioni casuali, così come non possiamo conoscerne le caratteristiche cliniche o il potenziale epidemico». L’unica certezza è la strada da percorrere: «Occorre continuare con le restrizioni perché il tira e molla non serve - avverte Menzo -. Riaprire scuole e locali in questo momento sarebbe troppo rischioso».

© RIPRODUZIONE RISERVATA