ANCONA - La variante newyorkese è tra noi. Per la prima volta in Italia è stata individuata e isolata ad Ancona nel laboratorio di Virologia dell’ospedale regionale di Torrette. I campioni molecolari, sottoposti a sorveglianza epidemiologica nel reparto diretto dal professor Stefano Menzo, erano stati prelevati nei giorni scorsi da due pazienti del Pesarese (capoluogo ed entroterra) che ora sono in isolamento domiciliare e, pur sintomatici, non hanno avuto bisogno di cure ospedaliere, quindi non sono gravi e uno è già in lista per il secondo tampone.
LEGGI ANCHE
LEGGI ANCHE
I pazienti 1 e 2 - un uomo e una donna - sono in isolamento da prima del 18 marzo, non hanno avuto contatti tra loro, ma da parte dell’Asur è in corso il tracciamento per ricostruire la rete delle persone con cui sono entrate in relazione nell’ultimo periodo. La mutazione è stata individuata dal laboratorio di Virologia grazie al sequenziamento nucleotidico della proteina Spike del Coronavirus. Confrontata con la banca dati internazionale, gli esperti hanno scoperto che si tratta della stessa variante identificata a New York nel novembre scorso, a cui era stato attribuito il nome di “B.1.526” e che si è diffusa gradualmente, fino ad arrivare in Italia, anche se fino a ieri non era mai stata individuata e descritta nel nostro Paese.
La variante in questione sta rapidamente circolando nel cuore di Manhattan, dove rappresenta il 12% dei contagi.
«Non ci sono evidenze scientifiche, tuttavia quando abbiamo analizzato la variante sudafricana abbiamo rilevato che i sieri delle persone vaccinate e convalescenti sono poco efficaci nel neutralizzarla - continua Menzo -. La mutazione E484K individuata nella variante newyorkese, che presenta in totale 6 mutazioni sulla proteina Spike, è simile a quella delle varianti sudafricana e sudamericana. La stessa mutazione, infatti, si può trovare in più varianti del virus, un fenomeno spiegato dalla teoria della convergenza evolutiva».
Di varianti si parla tanto e a sproposito. «Tecnicamente, con questo termine si dovrebbe far riferimento ai virus che hanno un notevole numero di variazioni rispetto ad altri prototipici e che sono capaci di scatenare epidemie autonome - spiega Menzo -. La variante newyorchese che abbiamo osservato rientra pienamente in questa definizione perché è già stata studiata e sta conducendo una sua particolare epidemia nel continente americano, dal quale si sta diffondendo nel mondo». In merito all’aggressività e alla trasmissibilità del virus che fa tremare la Grande Mela è impossibile, per ora, fare valutazioni precise. «Si sta diffondendo abbastanza lentamente - spiega il professor Menzo -, non sappiamo quante persone sono state contagiate da noi perché lavoriamo su campioni casuali, così come non possiamo conoscerne le caratteristiche cliniche o il potenziale epidemico». L’unica certezza è la strada da percorrere: «Occorre continuare con le restrizioni perché il tira e molla non serve - avverte Menzo -. Riaprire scuole e locali in questo momento sarebbe troppo rischioso».