ANCONA - Arrivano i primi farmacisti-vaccinatori. Nei prossimi giorni il loro numero aumenterà fino ad arrivare ad una decina entro la fine di maggio o i primi di giugno, mese entro il quale dovrebbe essere completata la formazione di circa 150 farmacisti-vaccinatori marchigiani. Il mese successivo verrà formato l’ultimo scaglione per arrivare ad un totale di 215 farmacie (Ancona 60, Pesaro 50, Macerata 40, Ascoli Piceno 40 e Fermo 25), un numero più alto di quello che Federfarma Marche aveva ipotizzato due mesi fa, quando si cominciò a parlare della possibilità di estendere la campagna di vaccinazione anche in farmacia.
Ora i farmacisti stanno completando il percorso formativo che li porterà ad essere abilitati alla vaccinazione.
Ma anche apprendere la parte burocratica, non meno importante, e che non richiede certo meno tempo e preparazione di tutto il resto. Proprio la formazione “sul campo” ha un po’ rallentato la formazione dei farmacisti. Per diventare vaccinatore, infatti, il farmacista deve aver svolto (e superato i test conclusivi) dei due corsi, deve aver tutta la documentazione in regola all’interno del proprio esercizio (come ad esempio il certificato di Primo soccorso), nonché disporre di strutture idonee per offrire il servizio.
Una volta che il farmacista è pronto e abilitato, quale è il passo successivo? «Essere istruito a chi fare i vaccini e ricevere materialmente le dosi» risponde Marco Meconi, vice presidente di Federfarma e coordinatore delle farmacie rurali marchigiane. «Riteniamo meno probabile che la Regione opti per una vaccinazione “on demand”, cioè su richiesta. Mentre sembra molto più probabile, viceversa, che la Regione affidi alle farmacie una fascia di età (i giovani non maggiorenni e gli anziani che hanno più difficoltà a spostarsi in un altro comune?)».
Anche la logistica è stata messa a punto, soprattutto per i vaccini che vanno conservati al freddo. Federfarma fa notare come la rete formata dalle farmacie è funzionale alle indicazioni emerse dall’ultimo piano vaccinale che dà meno importanza ai grand hub per puntare ad una maggiore capillarizzazione territoriale, coinvolgendo medici di famiglia, pediatri e infermieri a domicilio.
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