Saltamartini e la terza dose nelle Marche, dietrofront:«Ai fragili sì ma per gli altri meglio rimanere prudenti»

Saltamartini e la terza dose nelle Marche, dietrofront:«Ai fragili sì ma per gli altri meglio rimanere prudenti»
Saltamartini e la terza dose nelle Marche, dietrofront:«Ai fragili sì ma per gli altri meglio rimanere prudenti»
di Martina Marinangeli
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Mercoledì 15 Settembre 2021, 02:30 - Ultimo aggiornamento: 15:23

ANCONA - Brusca frenata dell’assessore alla Sanità Filippo Saltamartini sulla terza dose di vaccino anti-Covid. Con comunicazione del 13 settembre, il ministero della Salute e la struttura commissariale guidata dal generale Figliuolo hanno stabilito che le somministrazioni prendano avvio con i soggetti immunodepressi già dal 20 e, su questo, il titolare della delega fa sapere come «nella cabina di regia che si è tenuta lunedì, abbiamo deciso di richiamare negli ospedali tutte le persone estremamente fragili per l’inoculazione». 

 
L’invito alla cautela

Ma per il resto della popolazione, fa una precisazione: «A fronte di discrasie che provengono da importanti riviste scientifiche, dobbiamo essere cauti».

Articolando il pensiero, l’assessore osserva che «il governo ha detto di procedere, ma ci sono dei report che sostengono come le due dosi già garantiscano la copertura per la variante Delta. Se la terza dose sia necessaria ed indispensabile o possa essere evitata, è un tema soggetto di approfondimenti e che bisogna valutare». Al netto di come si evolverà la questione terza dose, è già sulle prime due che si pone un problema. Nell’ultimo periodo si è registrato un brusco calo nelle somministrazioni, che sta diventando motivo di preoccupazione e di confronto nei tavoli della sanità regionale. La stragrande maggioranza delle inoculazioni riguardano ormai solo i richiami, mentre le prime dosi si stanno riducendo al lumicino. Da marzo – quando la campagna vaccinale ha iniziato a procedere a passo più spedito – era partita una curva ascendente che, dalle 3mila dosi al giorno, aveva superato le 7mila a fine mese. Ad aprile i numeri erano ulteriormente cresciuti - con punte di 13.989 e 13.291 unità toccate rispettivamente venerdì 30 e giovedì 29 - così come a maggio, con il picco raggiunto con le 14.040 del 28: di queste, ben 9161 erano prime dosi. 


Il giugno positivo
C’è stato poi giugno che si è assestato su una media tra le 13 e le 14mila inoculazioni al giorno e punte che sono andate oltre le 15mila, ma il mese dei record è stato luglio, che nella giornata di giovedì 15 ha totalizzato oltre 16mila dosi somministrate, di cui però oltre 14mila erano richiami. Andando a scorporare il dato, infatti, si può ben vedere come, proprio tra fine giugno e luglio si sia invertita la curva positiva, con le prime dosi in caduta libera e gli alti numeri macinati dai richiami. Quando è andata a scemare questa spinta propulsiva, il dato si è sensibilmente ridotto, arrivando agli scarsi risultati di agosto e settembre, in caduta libera. I record negativi sono stati toccati il 22 agosto, con appena 112 dosi inoculate (di cui 85 prime) ed il 5 settembre, a quota 195 (157 prime dosi). In entrambi i casi, si trattava di domeniche, ma mai nei mesi precedenti si erano toccate punte così basse, neanche nei giorni festivi. A settembre, la media giornaliera è scesa a circa 6mila somministrazioni, di cui 4mila richiami. È anche vero che nel frattempo quasi 1,1 milioni di marchigiani si sono vaccinati (almeno con prima dose), ma sull’altro piatto della bilancia pesano circa 300mila persone rimaste fuori dai radar. Un numero troppo alto per centrare l’obiettivo dell’immunità di gregge con l’85% di target over 12 coperto. 


Il target può sfuggire
E mancare questo obiettivo significa continuare a far circolare il virus, allungando la catena di contagio che porta alle mutazioni. Cosa che si ripercuote poi sulle ospedalizzazioni. «Dobbiamo abbassare il numero di terapie intensive perché assorbono una serie di professionalità, come anestesisti, internisti e pneumologi, che ci servono per smaltire le liste d’attesa – fa notare Saltamartini –. In questo momento non si ravvisa l’esigenza di aprire un reparto Covid a Civitanova, o aumentare i posti letto. Ma abbiamo intenzione di impiegare gli anticorpi monoclonali nelle prime fasi della malattia e di rafforzare le cure domiciliari inviando specialisti ospedalieri quali cardiologi, infettivologi, pneumologi, a seconda delle esigenze, per curare le persone a casa».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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