Due focolai familiari, a Senigallia ed Ascoli Piceno. Più un uomo domiciliato a Macerata. Nove casi in totale: tre sicuramente di variante Delta, sei ancora in via di accertamento. Nessuno si era vaccinato. Con il pieno rispetto per le scelte di tutti, i cluster scaturiti dai tre positivi alla mutazione indiana del Covid (cosìdetta variante Delta) rappresentano l’assurdo paradigma di ciò che non andrebbe fatto in questa fase della pandemia. Le somministrazioni di sieri a tappeto rappresentano l’argine contro il dilagare di questa variante particolarmente efficiente e rinunciare alla profilassi è un assist alla diffusione.
Le verifiche sui casi stretti
Dopo i tre casi sequenziati dal laboratorio di Virologia di Torrette venerdì, le verifiche sui “casi stretti” eseguite ieri hanno restituito un quadro più preciso di quella che è la situazione. Partiamo dalla donna di 65 anni residente a Senigallia, già in quarantena per la positività del marito. Dopo il contagio rilevato anche su un figlio, il cluster è diventato bifamiliare poiché anche l’altro figlio e la moglie – venuti da Milano – sono risultati positivi. Cinque casi in totale e le verifiche sono in corso per capire se per tutti si tratti di Delta. Poi c’è il focolaio nell’Ascolano, dove risultano essere tre i casi. La prima ad essere “scovata” è stata una donna di 73 anni, ricoverata nel reparto Malattie infettive del Murri di Fermo e sicuramente positiva alla variante indiana. Il figlio e la sua compagna – paucisintomatica – erano tornati di recente da Roma.
Il percorso a ritroso
Per loro due, si sta accertando se il contagio sia dovuto alla Delta o meno. Infine, il caso dell’uomo residente in Tunisia – da dove è rientrato ad inizio giugno –, ma domiciliato a Macerata nell’abitazione del fratello. Contagiato con la Delta, anche in questo caso il soggetto non si era vaccinato. L’obiettivo è ora quello di tenere sotto controllo i numeri, isolando i positivi con la quarantena. E l’Asur sta correndo ai ripari in questo senso.
La prevenzione al lavoro
A spiegare quali sono le mosse da fare ora è AlbertoTibaldi, coordinatore del Dipartimento di prevenzione dell’Azienda: «si cerca di individuare il raggio più ampio possibile con le inchieste epidemiologiche per fare gli isolamenti.