Giovanna Burattini, lei è portavoce dell’associazione Baristi e Ristoratori Uniti: come state vivendo queste settimane che vi separano dalla riapertura?
«Speriamo di tornare quanto prima in zona gialla, ma mi auguro si faccia più chiarezza anche rispetto ai protocolli anti Covid da utilizzare. Che non si arrivi insomma come l’anno scorso».
Cosa è accaduto?
«Il 18 maggio avremmo dovuto riaprire tutte le attività dopo il primo lockdown ma ci hanno comunicato le linee guida da osservare soltanto la notte precedente. Risultato: io sono riuscita a rimettermi in moto solo 20 giorni dopo e, come me, tanti altri».
Come è andata con il servizio di asporto e con le consegne a domicilio?
«È stata un’esperienza fallimentare e non solo perché l’Italia non è strutturata per questo tipo di attività: questo è un servizio che presuppone personale, forniture e macchinari.
A cosa pensa quando sente parlare di riapertura?
«Al fatto che il nostro destino è legato a doppio filo con la campagna vaccinale».
E i ristori?
«Fino ad oggi, in oltre un anno di pandemia, sono stati insufficienti e intempestivi. Oltretutto con il nuovo decreto molte attività sono state escluse: qui l’unica garanzia resta il nostro lavoro ed è su quello che dobbiamo puntare».
Le Marche sono in zona arancione, molte attività hanno riaperto.
«Ci sentiamo un po’ il capro espiatorio della pandemia. Abbiamo investito in sicurezza per riuscire ad andare avanti. I negozi ora sono nuovamente operativi e invece noi siamo rimasti al palo».