Candela, direttore di medicina Area Vasta 2: «Per gli anticorpi monoclonali le dosi saranno decuplicate. Non siamo stremati ma provati sì»

Marco Candela è il direttore dei reparti Covid 1 e 3 di Jesi e direttore dipartimento di Medicina dell’Area Vasta 2
Marco Candela è il direttore dei reparti Covid 1 e 3 di Jesi e direttore dipartimento di Medicina dell’Area Vasta 2
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Lunedì 29 Marzo 2021, 02:35 - Ultimo aggiornamento: 15:17

Marco Candela, lei come direttore del dipartimento di Medicina dell’Area Vasta 2, di Medicina interna all’ospedale di Jesi e dei reparti Covid 1 e 3 di Jesi, sta seguendo le terapie sperimentali con gli anticorpi monoclonali. Come sta andando?
«Per ora bene. Il percorso è collegato a quelle che saranno le dimensioni del fenomeno. All’inizio siamo partiti da una dotazione modesta di fiale. Da una recentissima comunicazione invece la sperimentazione si allargherà con numeri interessanti anche in considerazione di una seconda tipologia di anticorpo monoclonale».


Ci può fare un ordine di grandezza sulle quantità?
«In prima battuta a livello regionale c’erano 130 fiale se non ricordo male.

Per la nuova fornitura si parla di 1500 fiale a livello regionale». 


Fornitura decuplicata, buon segno. Cosa comporta fare una terapia del genere?
«La somministrazione dura un’ora e coinvolge una fiala per paziente. Non c’è modulazione in relazione al peso corporeo o alla superficie del corpo».


Osservazioni per i primi 10 giorni visti sul campo?
«Più che altro c’è una questione di selezione dei pazienti da migliorare: se all’inizio si pensava che il principale riferimento sarebbero state le Usca ora credo vadano coinvolti di più i medici di medicina generale. Di solito le Usca vanno a vedere pazienti già in ossigenoterapia, in uno stadio interlocutorio o avanzato della malattia. La terapia sperimentale invece è diretta a pazienti sintomatici lievi che in quel momento non necessitano di ospedalizzazione nè di ossigenoterapia. E che comunque sono connotati da un certo fattore di rischio collegato alla potenziale progressione importante del Covid». 


Il percorso è scandito bene in tutti i momenti?
«Come tutte le sperimentazioni necessita di un follow up (un seguito, ndr). L’atto della somministrazione non si esaurisce nella flebo ma prosegue mantenendo stretti contatti con i medici di medicina generale o con le Usca che hanno provveduto alla richiesta».


E per l’organizzazione interna?
«Non ci ha creato particolari difficoltà ma ora i numeri sono modesti. Ci siamo organizzati per farne otto al giorno. Mantenendo il percorso degli ospedalizzati, abbiamo ricavato una stanza nel reparto Covid 3 che viene seguita dai medici di turno. Con numeri superiori servirà un’infermiera dedicata. Adesso ci stiamo rimboccando le maniche. Come facciamo già da anno».


I pazienti come la prendono?
«Chi è venuto ci ha ringraziato. Percepiamo molta fiducia, specie nelle persone con co-morbiditià. C’è un clima favorevole, come medici siamo concentrati sugli effetti collaterali. Il primo parametro è sempre la tollerabilità».


Che tempi avete di osservazione?
«Un’ora di somministrazione, un’ora di osservazione. Con l’anamnesi si arriva a due ore e mezzo».


E nel medio periodo?
«Ci sono accertamenti ematochimici entro 5 giorni dalla flebo».


La selezione dei medici di medicina generale è l’unico punto su cui si può agire?
«Per ora direi di sì. Considerando che le Usca prendono in carico pazienti già “compromessi” è importante il filtro dei medici di medicina generale. Bisogna intervenire entro i 10 giorni dall’insorgenza dei sintomi. Per le somministrazioni ne abbiamo fatti 2 a Jesi e 2 a Senigallia dove sono state seguite dalla dottoressa Morbidoni. Con mia grande soddisfazione partiremo anche a Fabriano».


E invece con la pressione in reparto come va dottore?
«Nessuna flessione, per ora. Lunedì scorso abbiamo aperto una nuova covideria a Senigallia. Il dipartimento di medicina di Av2 offre 115 posti letto mantenendo una quota di attività per pazienti puliti». 


Il sistema regge, gli operatori no, ha detto un suo collega.
«Si sta protraendo di più rispetto allo scorso anno. Nel 2020 furono due mesi e mezzo, Qui stiamo lavorando da ottobre, medici e Oss non vanno in ferie da agosto scorso. Io non sono uno di quelli che parla di stremo delle forze. Però siamo provati, questo sì, e allo stesso decisi a fare il nostro dovere fino in fondo».

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