Concessioni balneari, nelle Marche tre su 4 hanno un canone sotto i 5mila euro: ma il caro-spiaggia non dà tregua

Concessioni balneari,nelle Marche tre su 4 hanno un canone sotto ai 5mila euro: ma il caro-spiaggia non dà tregua
Concessioni balneari,nelle Marche tre su 4 hanno un canone sotto ai 5mila euro: ma il caro-spiaggia non dà tregua
di Maria Cristina Benedetti
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Giovedì 16 Marzo 2023, 03:40 - Ultimo aggiornamento: 17 Marzo, 15:17

ANCONA  - Ancora niente di nuovo sotto il sole. Tre concessioni balneari su quattro, in Italia, hanno un canone annuo inferiore a 5mila euro. Un dato, quello diffuso da Flourish, startup londinese che a febbraio dell’anno scorso s’era rifatta alle info del ministero delle Infrastrutture, non in equilibrio, nonostante l’aggiornamento 2022 delle misure unitarie. Il decreto numero 500, emanato dal Mit, e firmato il 14 dicembre 2021, aveva stabilito un +7,95%, fissando il valore minimo a 2.698,75 euro a decorrere dal 1° gennaio di un anno fa.

 


L’imposta


Per dare concretezza ai tecnicismi, uno stabilimento medio-grande che si spalanca nella suggestione di Portonovo, a un soffio da Ancona, paga all’anno quella somma-base alla quale va sommato il 10% dell’imposta regionale, arrivando a sfiorare i 3.000 euro. Una cifra che, in alta stagione, la struttura-tipo incassa in mezza giornata. In questa contabilità vista-mare c’è da considerare che, in quell’area protetta, gli abbonamenti stagionali cresceranno di circa il 20% rispetto al prezzo della passata stagione. Ci sarà chi aumenterà di 100 euro la prima fila, per un massimo di 3.200 euro, tutto incluso. Daniele Silvetti lo ammette: «Le cifre dei canoni sono basse, ma comunque superate». II presidente del Parco del Conero, che contiene come fosse uno scrigno gli ombrelloni e i lettini della baia, fa riferimento al nuovo adeguamento che innalza ancora il minimo del +25,15%, portandolo a 3.377,50 euro dal 1° gennaio 2023. Numeri, questi, che rendono sorpassata la mappa dei costi sempre a cura di Flourish, ferma al 2021.


I numeri 


Nelle Marche allora si andava dalla media dei 4.600 euro di Fano ai 1.200 euro della zona di Ancona. Torrette, non pervenuta. A Senigallia si pagavano in media 1.700 euro. A Portonovo la forbice esprimeva il massimo della sproporzione: dai 2.100 euro a 592 euro. Altri scenari che, tuttavia, non cambiano di molto la sostanza: le tariffe delle concessioni non giustificano il caro-spiagge, spinto peraltro dall’aumento dell’energia elettrica.

Esagerato, esclamano i consumatori. 


La scadenza


Una materia sempre rovente sulla quale continua a incombere la Bolkestein, con il Consiglio di Stato che ha ribadito il suo no a una proroga automatica delle concessioni balneari, che scadranno il 31 dicembre di quest’anno e andranno messe a gara. Punto. La direttiva europea verrà applicata, ma il tema è come attuarla, dal momento che dalla sua emanazione, nel 2006, si sono succeduti sette Governi e hanno sempre dato seguito all’arte del rinvio. Persino il presidente Mattarella, firmando il Milleproroghe, a fine febbraio metteva in guardia il governo sul fatto che rimandare di un anno, per bandire le gare, entra in rotta di collisione con l’Europa e con le sentenze del Consiglio di Stato, che imponevano come deadline il 2023, per poi partire con le aste nel 2024. Non sono stati scritti ancora i decreti attuativi e per molti imprenditori mare&sole, alle prese con le nuove perimetrazioni, è snervante vivere in questo limbo. Fondamentale, per tutti, è procedere a una mappatura seria, non con Google. Magari emerge che le spiagge libere da dare in concessione in Italia sono moltissime.


Il report 


A fotografare la situazione è anche il rapporto di Legambiente, che pone l’attenzione su alcuni nodi da sciogliere. Subito. Un amaro ritornello: scarsa trasparenza sulle concessioni balneari; canoni per buona parte ancora irrisori; non completezza dei dati sulle aree demaniali e soprattutto l’assenza di un regolare e affidabile censimento delle concessioni, fermo al 2021. «In alcune regioni - è l’affondo dell’associazione ambientalista - sono veri e propri record a livello europeo, come in Liguria, Emilia-Romagna e Campania, dove quasi il 70% delle spiagge è occupato dagli stabilimenti. Spesso rimangono liberi solo pochi metri, nei pressi di scoli di torrenti, in aree degradate». Non esiste, per Legambiente, una norma nazionale che stabilisca una percentuale massima di arenili che si possono dare in concessione. Un’anomalia tutta italiana. Niente di nuovo sotto il sole. 
 

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