Fin dall’inizio di giugno ci si era resi conto che l’estate sarebbe stata molto calda. Già allora le temperature registrate sfidavano di qualche grado i record del 2003, e poi del 2015. Con l’avvento dell’autunno, la situazione non è cambiata: afa nelle grandi città, a ottobre, come nessuno ricorda. Abbiamo chiesto al professor Carlo Bisci, climatologo dell’Università di Camerino, Professore associato di Geografia fisica e Geomorfologia, la conferma di questa percezione. «Dati alla mano, siamo assolutamente fuori media. Anche senza generalizzare, perché il clima in aree molto vaste non può mai essere omogeneo, il caldo è eccezionale in molte parti d’Italia».
Il confronto
Di quanto al di sopra della media? «Di molto: 3-4 gradi, se confrontiamo le temperature con quelle registrate negli anni ‘70/’80.
Le conseguenze
Guardando da un altro punto di vista, almeno la siccità di questa estate può risolversi con le grandi piogge. La risposta del professor Bisci è perentoria. «Purtroppo no. Se si rarefanno le pioggerelle autunnali e si intensificano i temporali, il suolo si satura subito e l’acqua non ha tempo per scendere in profondità, scorre via. L’agricoltura ne è danneggiata, perché l’humus si dilava. Né avremo più rifornimento idrico, perché la pioggia torrenziale non riesce a riempire le falde acquifere, e le cisterne naturali sulle montagne non si ricaricanO». Un’emergenza, cui possibile porre rimedio? «Molto poco, nel breve termine. Ammesso che in Italia smettessimo di produrre gas serra, l’effetto sarebbe marginale. Il fenomeno è globale e lo sforzo maggiore per ridurre le emissioni dovrebbero farlo i grandi Paesi, come Cina, Russia, Usa, India. In fondo, l’Italia è un Paese quasi virtuoso, ancorché non abbastanza: la quantità di anidride carbonica emessa per abitante è inferiore alla media dei Paesi più sviluppati».
Comunque siamo in forte ritardo. «Ma non troppo, per cercare almeno di rallentare il cambiamento climatico, per appiattire la curva che sale, ogni anno di più, dell’emissione di anidride carbonica e, di conseguenza, della temperatura. Bisogna almeno impedire che la temperatura cresca più di un grado e mezzo». Ma cosa si può fare, oltre a ridurre le emissioni, per scongiurare disastri come quelli recenti nelle Marche? «Va stimolata un’oculata pianificazione territoriale. I Piani di Adattamento al Cambiamento Climatico, già adottati da qualche Comune della nostra Regione, studiano il territorio in funzione del clima indicando possibili contromisure. Ma richiedono tempi lunghi, che sfuggono alla visione politica, non “pagando” dal punto di vista elettorale. L’opinione pubblica, opportunamente informata, dovrebbe spingere in questa direzione i suoi amministratori.