Anche le Marche ricordano Borsellino e la sua scorta. Il fratello Salvatore: «Sarebbe meglio il silenzio»

Anche le Marche ricordano Borsellino e la sua scorta. Il fratello Salvatore: «Sarebbe meglio il silenzio»
Anche le Marche ricordano Borsellino e la sua scorta. Il fratello Salvatore: «Sarebbe meglio il silenzio»
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Lunedì 18 Luglio 2022, 22:48 - Ultimo aggiornamento: 22:51

ANCONA - Il magistrato Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta, caduti a Palermo per l’attentato terroristico e mafioso di Via Mariano D’Amelio, saranno ricordati dalla Regione Marche domani martedì 19 luglio nel 30° Anniversario della strage. La cerimonia si terrà, a partire dalle ore 9,45 e fino alle 10.30, nel piazzale Emanuela Loi di Palazzo Leopardi (Via Tiziano 44 – Ancona). Quest’area, antistante una delle sedi istituzionali della Regione che ospita, insieme a uffici della Giunta regionale anche l’Aula consigliare dell’Assemblea legislativa, è stata intitolata, il 5 ottobre 2019, a una delle vittime della strage.

La strage di via  D'Amelio

Il 19 luglio 1992, insieme a Borsellino, persero la vita gli agenti Agostino Catalano, Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e anche prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. La commemorazione rientra nell’ambito delle iniziative sostenute dalla legge regionale 27/2017 sulla promozione della cultura della legalità e della cittadinanza responsabile. Ma proprio alla vigilia della ricorrenza risuonano amare le parole del fratello del giudice ucciso dalla mafia, Salvatore Borsellino:  «Li chiamano eroi ma sono solo parole vuote, meglio il silenzio».

La speranza di conoscere «in questa vita» la verità sulla morte di suo fratello, l'ha persa con l'ultima sentenza sul processo depistaggio per la strage di Via D'Amelio arrivata in questi giorni dal tribunale di Caltanissetta.

L'accusa del fratello di Borsellino

«Ho 80 anni - dice - La speranza di conoscere la verità e di avere giustizia, di avere risposte dalla procura di Caltanissetta su chi davvero ha deciso l'uccisione di mio fratello, ormai è quasi svanita. Resta la rabbia e l'amore che mi fa ancora andare tra i giovani, a spiegare, raccontare. Perché siano loro, nel futuro, a chiedere ancora quella verità e quella giustizia che noi dopo 30 anni non siamo riusciti ad avere».  Salvatore in via D'Amelio non ci andrà. «Non è una forma di protesta - spiega - qualche giorno fa sono risultato positivo al Covid e non potrò esserci. Spero di riuscire a collegarmi in remoto e poter leggere, come ho sempre fatto, la poesia "Il giudice Paolo"». Presente o no, per il 30° anniversario della strage, il fratello del giudice Borsellino aveva comunque già deciso che il silenzio sarebbe stato protagonista di questa giornata. «Chiediamo silenzio alla politica che in questi anni ha fatto passerelle e ha cancellato la lotta alla mafia da ogni suo programma - dice - Silenzio perché abbiamo solo ascoltato retorica e discorsi vacui, perché si proclamano "eroi" Falcone e Borsellino, al contempo si smantella quell'impianto legislativo che loro hanno creato e che per anni ha consentito la lotta alla mafia. Sul palco di via D'Amelio domani non vogliamo né dibattiti né persone. Solo un violoncellista, Luca Franzetti, che abbiamo scelto per la sua arte ma anche per il suo grande impegno civile. Sta ancora cercando di arrivare, dato lo sciopero degli aerei, ma mi ha detto che "a Palermo verrebbe anche in canoa"».

Salvatore: «Ho perso le speranze di avere verità e giustizia»

Il fratello del giudice trucidato trenta anni fa torna sulla sentenza di Caltanissetta. «Da quella procura non mi aspetto più nulla. È come se ci fosse ancora l'ombra lunga di Tinebra che nel Borsellino 1 e 2 ha avvallato il depistaggio - dice Salvatore Borsellino - Questa sentenza è stata un ulteriore colpo alla speranza di avere verità e giustizia. È stato un processo sbagliato in partenza perché sul banco degli imputati c'erano solo gli ultimi anelli della catena, 4 funzionari di polizia, ed era chiaro e impossibile che venisse da loro l'idea di un depistaggio. Andava cercata l'intera catena di comando, chi ha dato quegli ordini. C'è qualcosa che non funziona, io ormai ho perso la speranza».

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