Marche, allarme dalle case di riposo: «Senza ristori a settembre 30% di ospiti in meno e tremila posti di lavoro a rischio»

Allarme dalle case di riposo: «Senza ristori a settembre 30% di ospiti in meno e tremila posti di lavoro a rischio»
Allarme dalle case di riposo: «Senza ristori a settembre 30% di ospiti in meno e tremila posti di lavoro a rischio»
di Roberto Senigalliesi
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Sabato 28 Agosto 2021, 02:05 - Ultimo aggiornamento: 16:02

ANCONA - «Di questo passo ci sarà una riduzione del 30-40% dei nostri ospiti con una perdita occupazionale di almeno 3.000 unità. Chiediamo alla Regione di venirci incontro. Di accordarci quei ristori promessi e necessari per venire incontro alle problematiche insorte dalla pandemia». E’ questo il grido d’allarme ed il forte appello alla Regione Marche che proviene dal settore socio sanitario e sociale marchigiano.

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Praticamente circa 160 strutture fra case di riposo, residenze protette che seguono oltre agli anziani, che rappresentano la quantità più importante, anche disabili, soggetti con dipendenze, con problemi psichiatrici che sono allo stremo dal punto di vista economico, stretti dai maggiori costi in termini di sicurezza per il Covid e riduzioni dei ricavi durante il duro periodo passato. 

I numeri importanti

In totale sono circa 10.000 gli assistiti, con circa 8.000 persone impiegate a vario titolo che rischiano un taglio veramente importante. «Siamo tutti consapevoli delle conseguenze del contagio da Covid19 in perdite di vite umane, sul sistema ospedaliero ed assistenziale, sulla vita delle residenze per anziani, disabili, minori e del settore sociale, sul lavoro, sulla scuola, sui conti dello stato e delle regioni, sui drammi nelle famiglie colpite, sulla vita relazionale e sociale dei ragazzi e giovani- afferma Mario Vichi, presidente del Comitato Enti Gestori residenze anziani e referente socio sanitario del settore anziani, disabili, minori-.

Durante il periodo emergenziale- prosegue- abbiamo fatto fronte alle difficili problematiche sanitarie, ai pesanti risvolti gestionali (non potevamo certo mandare a casa il personale anzi ne abbiamo avuto bisogno di più unità) ed alle ingenti perdite economiche». 

La richiesta di ristori

«Abbiamo chiesto - continua Vichi - una forma di ristori, considerando anche che le tariffe sono ferme al 2002, ma ci è stato detto: non ci sono soldi e trasferimenti dello Stato, dimenticatevi il saldo dei ristori del 2020 ed il 2021. Abbiamo parlato con il governatore, con l’assessore Saltamartini, la dirigente Di Furia per sentirci dare queste risposte. Eppure la Regione le risorse per gli straordinari al personale sanitario li ha trovati, come pure li ha trovati per accordi nel settore sanitario privato. Ed altre regioni hanno avuto i trasferimenti dallo Stato, come mai le Marche no? È facile riempirsi la bocca per dire che siamo una regione fra le più longevi, ma cosa viene fatto per mantenere questa caratteristica?». 

L’analisi in prospettiva

L’analisi di Vichi si spinge in prospettiva. «Cosa succederebbe-dice- se il 30-40% delle strutture autorizzate (oltre 10.000 persone non autosufficienti gravi e fragili), a forza di fare debiti per garantire i servizi, dovessero chiudere e riversare gli ospiti nelle strutture sanitarie pubbliche? Avremo 4 mila ospiti da ricollocare! Chi li gestirà?» Poi c’è il problema occupazionale. «Dovremmo registrare la perdita di tremila posti di lavoro, senza contare i gravi disagi per le famiglie. In pratica il settore ha ricevuto dalla giunta Ceriscioli la cifra che era stata deliberata per il primo semestre 2020. Poi la nuova Giunta ha erogato il 38% delle spese aggiuntive/minori introiti calcolati secondo il criterio della delibera di giugno 2020. Mentre per il 2021 la giunta Acquaroli ha tagliati completamente ogni forma di ristoro». Infine l’ultima considerazione. «Dobbiamo ancora capire- conclude Mario Vichi- quale sia la volontà della nuova regione in merito al mantenimento del ruolo strategico di strutture come le nostre che erogano servizi essenziali ad anziani, disabili, minori, dipendenze, etc. Noi stiamo bussando da oltre un anno ma siamo lasciati soli. A settembre esigiamo risposte concrete, non più promesse. Questo è l’ultimo appello». 

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