Barrese, uno dei leader di Banca Intesa: «Non esiste la terza Italia, alle Marche servono infrastrutture»

Stefano Barrese, guida di Banca dei Territori in Intesa
Stefano Barrese, guida di Banca dei Territori in Intesa
di Francesco Romi
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Mercoledì 9 Giugno 2021, 04:15 - Ultimo aggiornamento: 16:26

«No, non esiste una questione Centro Italia. È vero che le Marche hanno subìto più di altre regioni l’impatto della pandemia, e il settore della moda in particolare, ma il nostro interesse è quello di stimolare gli investimenti nei territori». Per Stefano Barrese, capo della divisione Banca dei Territori di IntesaSanpaolo (sarebbe il numero 3 di Intesa, per capirci), non c’è il rischio di un’area del Paese (Marche e Umbria in particolare) trasparente rispetto agli investimenti pubblici e, in particolare, quelli previsti dal Pnrr che finiscono in particolare a Nord e Sud Italia. 

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Ma il manager, nell’ambito della presentazione della nuova struttura che dirige, aggiunge: «Per la concentrazione di piccole e medie imprese presenti nelle Marche, la sfida è quelle delle infrastrutture perché consentirà di esserle al servizio delle aziende più grandi, delle regioni limitrofe e del Nord Italia, e di far crescere la propensione all’estero». Infrastrutture che – se non cambia nulla nel Piano nazionale – rappresentano anche meno dello stretto necessario. L’obiettivo è arrivare a trattenere sul mercato interno non più del 50% delle produzioni marchigiane, mentre oggi la quota sfiora il 70%. 


Anche perché; tra il 2008 e il 2019, le Marche hanno aumentato la propria propensione all’export solo del 2,3% (+4,9% la media italiana), facendo meglio solo di Abruzzo, Puglia e Calabria, e finendo molto lontana da regioni benchmark come Toscana (+14,3%), Emilia-Romagna (+8,3%) o Umbria (+4,4%).

Eppure, almeno sulla carta, le Marche sembrano avere le caratteristiche giuste proprio per agganciare il traino offerto al manifatturiero dalla ripresa globale. Ad eccezione di automotive, elettronica e materiali da costruzione, nella nostra regione sono presenti tutti i settori di specializzazione e, in particolare, quelli che Gregorio De Felice evidenzia come quelli con il maggior tasso di crescita guardando all’orizzonte Italia del 2025: meccanica (che per il capo del centro studi di IS «può essere anche una leva per una parziale riconversione dell’economia regionale»), mobili, farmaceutica, alimentari. Così, se il Recovery Plan sembra più attento al Mezzogiorno e al suo sviluppo, perché le Marche potranno fare affidamento sulle misure lanciate nelle scorse settimane da IS e destinate alle Pmi: un plafond di 2,5 miliardi sui 50 complessivi di Motore Italia, che si sommerà a quello in arrivo con Patrimonio Rilancio, in partnership con Cassa Depositi e Prestiti, per stimolare quello che Barrese considera «un necessario cambio di passo per gli investimenti». 


Risorse che si aggiungono al protocollo firmato con la Regione Marche per il rilancio del sistema produttivo del territorio. Insomma, dopo la fusione con Ubi e il riequilibrio delle filiali la nuova organizzazione di Banca dei Territori significa per IS mettere radici ancora più profonde nel tessuto sociale ed economico anche delle Marche. 

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