«No, non esiste una questione Centro Italia. È vero che le Marche hanno subìto più di altre regioni l’impatto della pandemia, e il settore della moda in particolare, ma il nostro interesse è quello di stimolare gli investimenti nei territori». Per Stefano Barrese, capo della divisione Banca dei Territori di IntesaSanpaolo (sarebbe il numero 3 di Intesa, per capirci), non c’è il rischio di un’area del Paese (Marche e Umbria in particolare) trasparente rispetto agli investimenti pubblici e, in particolare, quelli previsti dal Pnrr che finiscono in particolare a Nord e Sud Italia.
Ma il manager, nell’ambito della presentazione della nuova struttura che dirige, aggiunge: «Per la concentrazione di piccole e medie imprese presenti nelle Marche, la sfida è quelle delle infrastrutture perché consentirà di esserle al servizio delle aziende più grandi, delle regioni limitrofe e del Nord Italia, e di far crescere la propensione all’estero». Infrastrutture che – se non cambia nulla nel Piano nazionale – rappresentano anche meno dello stretto necessario. L’obiettivo è arrivare a trattenere sul mercato interno non più del 50% delle produzioni marchigiane, mentre oggi la quota sfiora il 70%.
Anche perché; tra il 2008 e il 2019, le Marche hanno aumentato la propria propensione all’export solo del 2,3% (+4,9% la media italiana), facendo meglio solo di Abruzzo, Puglia e Calabria, e finendo molto lontana da regioni benchmark come Toscana (+14,3%), Emilia-Romagna (+8,3%) o Umbria (+4,4%).
Risorse che si aggiungono al protocollo firmato con la Regione Marche per il rilancio del sistema produttivo del territorio. Insomma, dopo la fusione con Ubi e il riequilibrio delle filiali la nuova organizzazione di Banca dei Territori significa per IS mettere radici ancora più profonde nel tessuto sociale ed economico anche delle Marche.